
Il film si apre con una panoramica verticale velocissima che dall’alto
della Tour Eiffel, scende sul viso di un giovane americano, che scopriremo
essere il protagonista del film. Già a partire dal titolo, i conoscitori
dell’opera bertolucciana avevano sperato in un ritorno allo
sperimentalismo di Partner,
data la ripresa dei colori rosso e blu che rappresentano, per chi ha amato
il cinema degli anni 70, il punto di unione tra il mondo del teatro e
quello del cinema, tra la poesia e la prosa, tra la narrazione di un
romanzo come “Il sosia” e il film nel film del professore di una scuola di
finzione. Ci si trova invece di fronte alla storia molto poco
sperimentale, di tre giovani che vivono il 68 nell’anno della sospensione
di Henry Langlois dalla direzione della Cinematheque. La cinefilia è
dichiarata sin dall’inizio del film con una voce narrante del protagonista
che ci introduce nel suo piccolo mondo di studente ed amante del cinema.
Diversi anni fa Bertolucci dichiarò che uno dei suoi desideri consisteva
nel realizzare una serie di filmati simili a lezioni di cinema per
raccontare le grandi scene della storia del cinema e svelare la
significazione secondaria, terziaria ecc. Ad un iniziale sconforto dovuto
alla delusione di trovare un film di natura completamente narrativa e
privo di quei lampi onirici che fecero del maestro quello che oggi è, si
sostituisce il piacere del cinefilo che vede il maestro, riuscire a
realizzare un altro sogno. Certamente non si tratta di lezioni di cinema,
ma il legame con quel sogno è evidente. Fratello e sorella, figli di un
poeta, si uniscono con il giovane americano, in un perverso gioco di
natura sessuale. Non mancano i colpi di scena mozzafiato in questa storia
morbosa, e tantomeno, come sempre è stato nel cinema del maestro, le
citazioni colte e quelle autoreferenziali. Come non citare
Ultimo tango a Parigi per
un film che si svolge nella stessa città e con una ripresa su dolly
realizzata, all’inizio del film, citando quella che scendeva lentamente su
Marlon Brando. Ma Bertolucci questa volta non esagera e se risulta vero
che l’attrice scelta per la parte ricorda nelle forme la protagonista di
Ultimo tango e che non
mancano immersioni promiscue in vasca da bagno, è altrettanto vero che il
maestro non si cita più di tanto, almeno non tanto quanto poteva accadere
in altri film del suo passato. Molto interessanti per il pubblico cinefilo
sono invece le citazioni di capolavori della storia del cinema. Bertolucci
cita Howard Hawks ed il suo
Scarface, Charles Spencer Chaplin con
Luci della città,
La fontana della vergine di
Ingmar Bergman, Bande à Part,
La regina Cristina,
Cappello a cilindro e
Venere Bionda. I giovani
cinefili giocano ad indovina il film e questo è il modo in cui la maggior
parte delle citazioni vengono introdotte. In passato nel cinema del
maestro non sono mai mancate le citazioni metacinematografiche ed il film
nel film prendeva però tutt’altro spazio non essendo introdotto con questo
semplice espediente. Tornando alla storia dei tre ragazzi, scopriamo
lentamente che fratello e sorella sono inseparabili e che il giovane
americano romperà un equilibrio che era durato per molto tempo. Il
movimento del 68 rimane sullo sfondo di una realtà decadente che vede i
tre giovani giocare dimenticando quasi completamente il loro fervore
iniziale per la causa politica. Un bel giorno un sasso lanciato dalla
strada irrompe nel loro tranquillo microcosmo ricordando che esiste un
mondo che sta andando avanti e che se si ha la forza sufficiente, si può
scendere in piazza e prendervi parte. I tre scendono in piazza, ma
Bertolucci con estrema sinteticità fa accusare i due europei
dall’americano, il quale dà loro dei fascisti. In breve Bertolucci sembra
incoraggiare i giovani europei no-global a disertare i consigli buonisti
di origine americana per scendere in piazza e cercare di cambiare le cose.
La regia, come sempre ineccepibile, si muove continuamente, prima tra le
strade della città e poi all’interno dell’appartamento nel quale i tre
consumano la loro vita “surreale”. Scopriamo così, nel momento stesso in
cui scriviamo, che il maestro non è cambiato ed il sogno c’è stato anche
in questo film, il sogno di poter tirarsi fuori dalla vita, il sogno di
non curarsi degli altri esseri che popolano il nostro mondo, il sogno di
ogni sognatore, di ogni individualista che scopre sempre, in un modo o
nell’altro, che non si può vivere di solamente nel sogno. In breve il
sogno non è stato il 68, il sogno consiste nel non volerlo ripetere, nel
non voler ripetere la resa! Non chiudetevi in casa a pensare ai vostri
meschini problemi, uscite e prendete parte alla lotta, sembra dire
Bertolucci. E’ l’invito di un uomo anziano e saggio che non vuole che alle
future generazioni sia negato di poter essere un giorno chiamati
“sognatori”.
Voto: 28/30
03.09.2003
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