da 61ma mostra del cinema di venezia

DONNIE DARKO

di Richard Kelly
Con: Jake Gyllenhaal, Patrick Swayze, Drew Barrymore, Maggie Gyllenhaal

di Riccardo FASSONE

 

Un motore di jet che piomba in casa e segna l’inizio della fine del mondo. Conigli inquietanti.

Presentato in un’esauriente versione Director’s Cut, in grado di rendere pienamente giustizia alla complessità simbolica e narrativa del film, DONNIE DARKO arriva a Venezia preceduto dalla propria fama di cult movie per i giovani americani in fase di riscoperta di Philip K. Dick e compagni (di merende). E proprio da Philip K. Dick e dalla fede cieca del geniale autore americano nella possibilità di sfrangiare il tessuto del tempo e dello spazio discende Donnie Darko, che, pur non avendo per soggetto un racconto dello scrittore, si muove sulle stesse coordinate di para-scienza (o iper-scienza) tanto care all’autore di “Ubik”. La storia è quella di Donnie Darko, adolescente della middle class americana che, alla fine degli anni ottanta si trova a dover fare i conti con un’entità che gli preannuncia il collasso del nostro universo ed il conseguente annullamento della vita umana. Pur all’ombra di questa premessa, DONNIE DARKO dimostra da subito di non essere un film “apocalittico” in senso proprio, ma piuttosto di giocare con lo scorrere del tempo a countdown per analizzare certi isterismi dei rapporti interpersonali ed alcuni tic sociali di una particolare (e fondamentale) epoca della storia contemporanea degli Stati Uniti. Il personaggio di Donnie (Jake Gyllenhaal, bravissimo) è a tutti gli effetti il prodotto della propria società, una goccia impazzita nell’oceano, al quale è data facoltà di scrutare oltre. Non solo oltre il velo del tempo, ma anche oltre i comportamenti di chi lo circonda, oltre le menzogne degli imbonitori, oltre le dinamiche dei rapporti tra le persone. In questo senso DONNIE DARKO è una pellicola intelligente, smaccatamente citazionista a tratti (da Incontri Ravvicinati Del Terzo Tipo a Ritorno Al Futuro), ma mai grossolana; notevole anche l’impianto simbolico che sottende al film, mutuato in parte da teorie di iper-fisica ed in parte confezionato ad arte da Richard Kelly con grande attenzione alla coerenza interna dei riferimenti. Da riscoprire.
 

Voto 28/30

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