"...Vissi al 5% ..."
E. Montale
Forse ci sono delle ragioni personali alla base delle mie considerazioni
(negative) su District 9;
Mento se dico di non conoscere Neill Blomkamp o di non avere atteso con una
certa trepidazione questo suo primo lungometraggio;
(Neill Blomkamp in realtà lo conoscete anche voi, ricordate la sorprendente
citroen-transformer ballerina stravista in tv e poi su youtube? Ecco era
lui);
Accanto all'attività di eccelso animatore 3D, regista pubblicitario,
illustratore iperrealista, Blomkamp ha maturato anche un suo percorso
espressivo brevettato che, un po' come nella CG, si adopera, in prima
istanza, a integrare elementi artificiali nella realtà (realtà squallida,
spesso non cinegenica, inevitabilmente documentaristica) e ad analizzare
tutto quello che ne consegue (implicazioni ambientali, morali, politiche,
umane);
Raggiunta la vetta di questa disciplina, pioniere del mockumentary, ora
tanto di moda, ha l'occasione meritata, prima di lavorare su un progetto
colossale (Halo) (misteriosamente stallato), poi di rimettere le mani su un
suo vecchio progetto, manifesto di una cinematografia allora da venire (era
il 2005, le contaminazioni LQ erano soprattutto una teorizzazione): "Alive
in Joburg";
Due le opportunità che renderanno possibile questa produzione: il patrocinio
di Peter Jackson e un budget di 30mln di dollari (che NB fuori dall’Italia è
considerato “low budget”);
"Alive in Joburg" ()
è come spesso accade, il proto di district 9 (sua versione lunga); c'è già
tutto (e c'è di più); Blomkamp (sudafricano, classe 1979) conosce ciò di cui
parla e ce lo presenta in pochi minuti, non mentendo neppure
filologicamente, lavorando in LQ con l'onestà intellettuale necessaria e
proponendoci in effetti un piccolo capolavoro di fantascienza postmoderna e
politica (che pure/finalmente rinuncia ai facili entertainment narrativi
occidentali, immergendo le vicende in un presente preoccupato, ancora
impreparato a dar sentenze); si affida alle approssimazioni obbligate dalla
tecnica (volgendole a suo favore); non spiega, non snocciola facile sci-fi e
da’ per assodato (o indecifrabile) molto;
District 9 ripropone intatto il soggetto geniale del 2005, che ancora oggi
ci stupisce: l'invasione aliena è avvenuta, un enorme disco staziona nella
troposfera; rispetto alla cinematografia in merito, le cose sono andate
diversamente però: non è New York, non la Tokyo di Dagora, è la metropoli
più a sud del mondo, Johannesburg, a essere testimone dell'evento; (dire
Johannesburg o dire District 9 è un po’ la stessa cosa);
La nave (forse alla deriva) ospita milioni di alieni denutriti e in
condizioni da deportazione (bipedi di evoluzione artropoda dalle fattezze
mostruose);
I terrestri li accolgono prima cristianamente, stipandoli in intuibili CPT,
poi, smorzato l’entusiasmo e dopo 20 anni, patiscono soprattutto la
seccatura della convivenza forzata; ed eccoci a vedere con altri occhi la
metafora di ogni difficile integrazione;
Quindi cosa c'è che non va?
(tanto più se in giro leggete/sentire solo elogi entusiastici e belle parole
su questo film)
Blomkamp/Jackson decidono di adattare la storia per il grande pubblico non
rischiando e pagando il caro prezzo di rimanere solo un discreto film di
fantascienza e non la pagina di storia del cinema che doveva essere.
Purtroppo District 9 è addomesticato al qualunquismo Hollywoodiano, diluito
al compromesso della produzione commerciale, rinuncia ai formati con cui
dovrebbe effettivamente essere girato, sostituendoli con l'evocazione di
essi (comuni e costosissime macchine da presa professionali patchate da
finti tg); riduce a macchietta la commistione audiovisiva tanto decantata e
vengono meno i punti di vista stranianti del privatfilm o in videosharing
style;
Tutto è finto e calibrato, reso comune e digeribile; spiegato o doveroso di
una spiegazione (nessuno la pretendeva)
E poi che c’entra la storia di Wikus Van De Merwe, inutile "viaggio
dell'eroe", fiction telefilmica scontata e patetica che ci dice che stiamo
vedendo un film;
District 9 è come non doveva essere e tradisce tutte le sue premesse,
utilizzando solo il plot vincente, già nel soggetto originale, che certo lo
colloca al di sopra della proposta media (garantendogli incasso); (è il
secondo caso di capolavoro perduto dopo
Cloverfield e per i medesimi
errori);
Si intravede il progetto (l’abitudine) dell’industria USA di ritardare il
più possibile l’ingresso del low cinema, prodotto del basso, di veicolare
furbescamente la sperimentazione, al costo di mentire, di falsare la visione
o accomodarla al gusto facile/becero del pubblico dei multiplex;
Dunque, appena la sufficienza al giovane Neill tentato e toccato dal
demonio, caduto nell'inganno, sufficienza che lo mortificherà, che lo
costringerà a ripiegare alle sue origini e a nobilitare i linguaggi
cristallini e necessari a raccontare le storie già nelle sue intenzioni non
cedendo ai complimenti di un ormai ebbro Peter Jackson o ad altre morbidezze
narrative (e forse tornare tra i miei autori preferiti);
(ma si parla già di un seguito di district 9, purtroppo dal budget
milionario);
(altro da Neill Blomkamp
qui, e
qui)
04:10:2009
|