
Presentato alla 59^ Mostra del cinema di
Venezia, Piccoli affari sporchi
- Dirty Pretty Things è
l’ultimo film scritto e diretto da Stephen Frears. Il film affronta la
problematica situazione degli immigrati nella Londra dei nostri giorni, il
sempre più difficile inserimento di un’umanità multicolore costretta a
lavori clandestini che permettano la sopravvivenza. Okwe (Chiwetel Ejiofor)
è un nigeriano a Londra che offre la propria manodopera anonima e invisibile
affinché l'ingranaggio della mitica città non si blocchi mai. Tassista di
notte e recezionista in albergo, Okwe condivide a turno l'appartamento con
una profuga turca, Senay (Audrey Tautou), cameriera nello stesso albergo.
L'equilibrio delicato tra questi due figli della miseria verrà sconvolto
dalla polizia dell'immigrazione, da criminali incalliti, da traffici oscuri
e violenti, e dall'amore. La vicenda si tinge di giallo quando il
protagonista trova, nel water di una stanza dell’hotel, un cuore umano. “E’
un simbolo legato al personaggio del nigeriano Okwe, che all’inizio del film
è chiuso in se stesso, pensa solo a portare avanti il suo doppio lavoro di
tassista di giorno e portiere di notte.” ci ha spiegato Stephen Frears
durante il nostro incontro veneziano “Il cuore inoltre è dove,
simbolicamente, risiedono tutti i sentimenti. Il protagonista, infatti, con
il procedere della storia si trasforma, diventa più umano, diventando così
un’eccezione e distinguendosi dalla massa. La storia aveva bisogno di questo
personaggio perché sono convinto che se crei un personaggio cattivo non dici
niente a nessuno.” L’affresco londinese notturno che Frears riesce ad
intessere e mostrare è affascinante, scuro, profondo. I personaggi,
costretti ad una vita sotterranea, si muovono come insetti invisibili in un
sottobosco popolato da viscidi approfittatori ruffiani. Lo scontro con le
cariche ufficiali si sfiora soltanto quando entra in scena la polizia. Per
il resto rimane un gioco sporco giocato tra chi nello sporco è costretto o
si compiace di viverci. Ma Frears non esplode mai nella denuncia loachiana e
sceglie di usare un tono (che gli è sempre stato proprio) sospeso tra lo
spettacolo e l’alto professionismo. Rispetto alla scelta di argomenti così
drammatici il regista ci ha spiegato “Questo film mi sembra la giusta
sintesi tra il film hollywoodiano e quello europeo. C’è una parte di me
sceglie di dedicarsi a temi seri e un’altra che ama affrontarli con
atteggiamento frivolo. La stessa vita a volte è triste e altre è buffa. La
sceneggiatura di Piccoli affari sporchi è malinconica senza essere pesante.
Sono convinto che si riesca a comunicare di più con un film divertente e
gradevole che non con un documentario sociale su determinati problemi.” A
Frears manca forse l’aggressività, la cattiveria per maneggiare in maniera
incisiva tali personaggi (d’altra parte egli stesso ci ha confessato “Vivo a
Londra, in una bella casa posta in uno dei migliori quartieri della città!
Conduco una vita che potrebbe definirsi ‘borghese’!”) e la tensione che la
vicenda riesce a creare nella prima parte del film non mantiene le promesse
nel finale, troppo prevedibile e ‘dalla parte dei buoni’.
Piccoli affari sporchi rimane
un film piacevole e interessante, un buon prodotto che però non farà male a
nessuno. Speriamo che almeno aiuti qualcuno a riflettere.
Voto:24/30
03.10.2003
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