LA CLÉ DES CHAMPS

di Claude Nuridsany e Marie Perennou

con Simon Delagnes, Lindsey Henocque, Jean-Claude Ayrinhac

  di Gabriele FRANCIONI

 

0,666/30

 

Pope-up. Differenza e Ripetizione, ovvero Ratzinger-Hitler

 

Criptofascista. No: Criptonazista. No, forse solo ex-cripto-punk, ma di destra. O semplicemente il solito tedesco cattolico incapace di non cortocircuitare senso di colpa e rigurgito di aggressività ideologica mascherata da apertura antropologica verso ogni credo osservato nell’Occidente odierno (si vedano a proposito le “Hamburg Lectures” e, però anche il riferimento ivi contenuto al periodo trascorso in quella città dai terroristi del 9/11). Oggettività da documentarista? No, sana e decisa ambiguità. E poiché Karmakar, di origine indiana e pure ex-legionario nell’’esercito francese, trova difficile autodefinirsi, lo facciamo volentieri noi per lui: il Lars Von Trier dell’apparente anti-fiction o il Giovanni Lindo Ferretti della handy-cam.                                       

 

Transumanza.

In DIE HERDE DES HERRN la transumanza del gregge del Signore segue il tragitto che porta migliaia di fedeli da Marktl-am-Inn a Piazza San Pietro, dal paese d’origine dell’ex-cardinale Ratzinger alla celebrazione del primissimo instant-saint della storia della Chiesa, ovvero il polacco Karol Woityla, il tutto nei giorni che seguirono la morte di quest’ultimo nel 2005 e portarono al soglio papale il mefistofelico tedesco. Perfetta la scelta curatoriale nell’accostare il neo-Papa ai molteplici Hitler di Pfaffenbichler (CONFERENCE), in un tardo pomeriggio tutto germanico in Sala Perla.

Da un’interminabile inquadratura fissa sulla porta d’entrata dell’umile dimora che diede i natali al pastore  Ratzinger, procediamo verso Roma, in un pellegrinaggio cantilenante, spezzato in due segmenti di 40 minuti ciascuno. 

DIE HERDE DES HERRN è uno dei lavori meno interessanti del premiatissimo Karmakar (Berlino, Locarno, Venezia), inutile come solo può esserlo un tedioso spot celebrativo della beatificazione del papa polacco, concepito però per rimettere in sesto la figura già declinante del collega teutonico. Al suo confronto, anche “The night is singing their songs” risulta tollerabile. Più in generale, il problema di Karmakar, nella cui trappola molti finiscono senza neanche il tempo d’intuire il meccanismo artificiale e studiatissimo che li ha catturati (ecco perché il riferimento a Von Trier), è che non può spacciare per “alternativa” una linea di pensiero  assolutamente leggibile e cristallina nella sua deprecabile matrice retrograda e mainstream (almeno in Germania). Non basta disseminare il film di spunti descrittivi grotteschi - i dolcetti ispirati a Ratzinger e il mercato di gadgets papali - o suggerire la solita biascicata critica alla precaria efficienza delle forze dell’ordine italiane: il segmento girato in Vaticano mostra file di anziani non assistititi mentre attendono da ore il momento del contatto con la salma di Woityla. Al di là del fatto che un comportamento autopunitivo prolungato nel tempo in quanto atto di fede non è materia di ordine pubblico - ridicolo che certi “critici” si siano fatti agganciare dall’amo lanciato dal regista - resta una melmosa sensazione di cattiva coscienza e desiderio di vagare a 360 gradi nei territori di antitetiche ideologie e credi opposti fra loro, con la presunta libertà data dall’anarchico non schierarsi post-proto-punk, al solo scopo di trarre vantaggio dalla posizione di volta in volta abbracciata.

 

Ratzhitler.

Ad ogni modo, poco c’interessa DIE HERDE DES HERRN: è nostra intenzione rimarcare invece la geniale intuizione dei selezionatori di “Orizzonti”, che hanno allestito una serata tutta deleuziana sul tema dell’autonomia delle “copie” e, di riflesso, su “differenza e ripetizione”, che coinvolge anche il ben più interessante e riuscito CONFERENCE di Norbert Pfaffenbichler.

Nulla torna identico, non esiste il Ritorno dell’Identico: anche l’“anticristo” può avere una facies antitetica a quella con cui è solito appalesarsi. In questo senso, e senza cedere a derive filosofiche troppo oscure, risulta pertinentissima la serie dei 65 Hitler mostrati nel cortometraggio dell’artista austriaco, seguita immediatamente dai 2 papi del Nord-Est europeo. Il fruscio ottico generato dalla successione iconica di 67 volti, ci convince dell’indistinguibilità tra malvagio e benigno e della cupa vitalità delle “copie”, che vengono sdoganate proprio perché, capaci come sono di balzare oltre l’ostacolo ideologico o di coscienza, trascorrono libere e feroci da un ambito a quello opposto, mantenendo, però, sempre la natura originaria dell’Ente.

Forse lo stesso Karmakar, così gianobifrontico, entrerebbe nella serie citata, 68° meschinissimo hitler di una linea destinata a durare per sempre, presentandosi sempre differ/ente.

 

09:09:2011