Il primo numero è il 3. Il film di Gabriele Salvatores parla innanzitutto
di questo, partendo dall'India…
La medicina ayurvedica (da un antico trattato indiano), ci aiuta a riequilibrare
quelli che sono considerati i tre elementi fondamentali della prakriti,
la materia primordiale: tamas, il pesante e oscuro; rajas,
l'attivo, passionale; sattva, la componente luminosa e gioiosa.
Solo quando c'è accordo tra gli aspetti del vivere legati a ciascuno di
questi "elementi" (guna), possiamo considerarci al sicuro, ignorati
dalla malattia psichica e lontani da sofferenze inerenti alla fisicità
corporea. La direzione segnata dalle pratiche necessarie a raggiungere
tale sintesi, non è in alcun modo assimilabile ad una linea retta e ad
un percorso predefinito. Ayu e veda (scienza, conoscenza
della vita), sono termini che costituiscono le basi di una dottrina
olistica orientata alla definizione di un approccio complessivo alla vita,
ove mente, anima e corpo "danzano" insieme e collaborano al tutto armonico,
che deve (dovrebbe) traghettarci da una Vita all'altra. Noi, però,
vediamo le vite quotidiane nostre e degli altri - come il protagonista
di DENTI - raccolte in un quadro, che è sempre più spesso quello della
deriva psico-fisica e ci affanniamo disordinatamente a ricomporne
la cornice ricorrendo al "restauro", che i guru del risveglio e
della luce ci promettono, nella speranza che la cura "paghi" e,
soprattutto, sia veloce.
Dobbiamo, invece, vedere il buio. Calcolare i punti di non-appoggio della
nostra anima, come un tavolino a 3 gambe che ne perde una e poi un'altra.
Entrare nei vicoli o nei cul-de-sac della memoria e riprendere fiato per
iniziare a rivedere le stelle. Occorre, quindi, viaggiare attraverso
i gironi del passato e cercare di capire quali comportamenti o quali eventi
abbiano portato ad una disarmonica convivenza di sattva, rajas e tamas.
In DENTI, il film che Gabriele Salvatores ha realizzato e difeso con la
tenacia controllata di un monaco zen, superando ostacoli di varia natura
(quali, ad esempio, i rifiuti iniziali di una delle parti coinvolte nella
produzione ad usare lo stesso titolo del libro di Domenico Starnone, da
cui è tratta la pellicola), il numero 3 è legato alle presenze femminili
della storia, ciascuna riconducibile ad un elemento della triade ayurvedica:
la madre, solare e gioiosa; la moglie, legata alla "terra" e attenta solo
alla sopravvivenza quotidiana, ai suoi aspetti pratici; il nuovo
amore, Mara, immersa nel lavoro e nella passione (forse anche per un dentista,
Micco, tanto realizzato, quanto Antonio - Rubini - è "scollegato" dal
mondo). La somiglianza tra le attrici scelte per i tre ruoli non è casuale:
più della semplice reiterazione del viso della madre, rappresenta l' uguale
importanza delle componenti che definiscono l'insieme. Antonio, all'inizio
del film, è un uomo in piena crisi dei sentimenti e poco coinvolto nel
proprio lavoro di precario universitario, incapace di darsi ad
una donna della quale paventa l'infedeltà e nella cui casa ha fatto il
suo triste nido. E' un uomo che non conosce l'armonia, perché le sue precedenti
donne - madre/sattva e moglie/tamas - sono morte, come la
prima, o sono state abbandonate, lasciandolo in compagnia di Mara/rajas,
e, quindi, in uno stato di dipendenza dalla sola componente legata all'attrazione,
al sesso e alle loro inevitabili conseguenze, come la gelosia. Ingigantita
dal fatto di sentirsi inadeguato a lei, per colpa di due enormi incisivi…
Il film parte dal punto più basso del rapporto con la giovane e bellissima
nuova fidanzata (Anita Caprioli), determinato dall'entrata in scena
dell'inquietante dentista amico di lei: durante un litigio in cui Mara
spacca un incisivo ad Antonio (più avanti ci soffermiamo sul tema dei
denti), si decide di ricorrere alle cure dello specialista. Da
qui in poi comincia a svilupparsi un viaggio a ritroso nel tempo, che
porterà a reincontrare le figure della madre e della moglie e a
capire l'origine della crisi. Antonio passerà da Micco ad altri dentisti
e ognuno di questi lo condurrà, in modi diversi, a riascoltare le voci
di quelle donne, come quando il dottor Lotto gli ricorda i suoi doveri
di padre, mostrandogli la forma deforme della bocca di Michela, la figlia,
e raccomandandogli di prendersene cura. Ogni momento della narrazione,
che pochi hanno saputo leggere in un'ottica, per così dire, olistica (l'accusa
principale è, paradossalmente, quella di una discontinuità complessiva,
con troppi salti temporali e visioni oniriche), vede la regia seguire
coerentemente le premesse. L'incontro con Fiorenza e Michela, che rappresentano
la realtà pesante e dura da affrontare - tamas - sembra girato
camera a mano; le molteplici apparizioni della madre morta, invece,
sono flash luminosi o allucinazioni realizzate con l'uso moderato
di effetti speciali, come nella sala d'aspetto di Cagnano, l'ultimo medico
della lista.
La madre-sattva, come si può intuire, torna nella mente e nei ricordi
attivi di Antonio, per riportare gioia e leggerezza, sempre pronta
a vedere l'aspetto buono delle cose o a consigliargli un approccio più
rilassato alla vita. Se l'odissea tra gli studi dentistici appare come
una discesa agli inferi, il protagonista sta invece recuperando gli aspetti
dimenticati dell'esistenza: doveri e allegria, concretezza e ironia. I
medici rappresentano qui "gli altri", amici e non, nei momenti di crisi:
entrano nel tuo mondo come quelli fanno entrando nella tua bocca
e lasciano sempre qualcosa. Soprattutto: toccano i nervi scoperti
della tua anima.
Il 3 va ricomponendosi, l'equilibrio ricostituendosi. L'ultimo passo è
quello dell'affrancamento e della rinascita: madre e moglie, recuperate
come elementi della triade, scompaiono per sempre. Così accadrà
anche a Mara, in un finale ricco di colpi di scena.
Il secondo numero è il 2.
Sempre nella medicina ayurvedica, gli incisivi rappresentano la coppia.
Il protagonista da adolescente, rifiutato dalle ragazzine, decide di punire
la sua dentatura sbattendo il viso contro la pietra dei resti pompeiani,
durante un viaggio di famiglia. Sulle note di CHILD IN TIME dei DEEP PURPLE
(uno dei crescendo più emozionanti del rock), l'incisivo è rotto e, poco
dopo, l'asse d'intesa madre-figlio - la coppia - si dissolve, perché lei
muore. Anche la rottura del secondo dente da coniglio, durante
la lite all'inizio del film, prelude ad una crisi tra Mara e Antonio.
Ma il 2 torna anche a indicare una 2° realtà: quella psichica,
onirica, allucinata nella quale avvengono gli incontri con il fantasma
benigno della madre. E gli alveoli rimasti scoperti dopo Pompei, sono
come la porta parallela che consente il collegamento con questi
mondi virtuali: Antonio ha i suoi primi flash quando appoggia la
lingua su di essi e si connette. Non siamo molto distanti da NIRVANA...
(Il mondo parallelo da esplorare è sempre presente nel cinema di
Salvatores, come luogo fisico, paesaggio geografico utile a individuare
un altrove dell'anima - Mediterraneo, Puerto Escondido - o come
navigazione nella rete). E, forse, non siamo molto lontani
neanche dalle porte cronenberghiane e dalla tecnologia dei corpi di EXISTENZ,
CRASH, THE NAKED LUNCH, VIDEODROME, DEAD RINGERS. O dalla fantascienza
angloamericana di pubblicazioni come SHAKER UNDERGROUND, tanto care al
regista.
3 e 2, nel finale, vengono entrambi a rappresentare equilibrio ritrovato.
Oltre ai tre guna, anche i due incisivi improvvisamente spuntati
al protagonista simboleggiano la vita nuova, che segue al trauma
(quasi una "morte" dello spirito) della crisi e dell'attraversamento della
memoria stomatologica, come la chiama Antonio.
Controllare una materia narrativa così ricca, era operazione piena di
rischi. Salvatores, convinto che il senso del cinema stia nell'emozione
della singola immagine e nella capacità di dar concreta forma al sogno,
lascia che il viaggio a rebours e nei meandri della psiche, sia
portato avanti solo a livello visivo. Sbaglia chi ha parlato in termini
di "eccessiva ricchezza" e di "troppi effetti" nelle scene delle allucinazioni.
Il film parla, in fondo, di un'iniziazione ad un nuovo credo psichico
e il procedere per "illuminazioni" successive dell'anima, non poteva che
essere realizzato attraverso un'esplosione/implosione dell'immagine stessa.
Abbiamo, anzi, la sensazione di procedere costantemente entro un tunnel
o un budello (gola? esofago? stomaco? o corridoio buio, bosco,
bicchiere di champagne?), che ci risucchia e poi ci sputa nuovamente
nel reale, sempre un po' più liberati: un'esperienza, qui sì, stomatologica,
impossibile da condurre senza dare una fisicità quasi in 3-D al trip,
al viaggio.
Voto: 28/30
17:01:2001 |