Davvero non ci siamo. Il “Territorio delle Vergini” o, come è titolato in
Italia (per cercare di acchiappare all’amo un certo tipo di target)
Decameron Pie è un di quei
film ai quali non si riesce a trovare giustificazione nemmeno impegnandosi
con tutte le forze.
Una trama inesistente, o peggio, oltre la soglia del ridicolo. Una
sceneggiatura a dir poco imbarazzante con doppi sensi pecorecci (e neppure
tanto doppi) che non farebbero presa neppure su un tredicenne in piena
tempesta ormonale. Un racconto noioso, incongruo, da far venir voglia di
rinunciare già dopo i primi minuti dal suo inizio.
Siamo nel XIV secolo e Firenze è il centro dei piaceri per eccellenza. Nel
1346, però, la città viene devastata dalla peste. Lorenzo de Lamberti
(Hayden Christensen), giovane e bellissimo avventuriero preso di mira dal
cattivo Gerbino (Tim Roth) decide di scappare dalla città e si rifugia in un
convento dove, fingendo di essere sordomuto, diventa oggetto del piacere
delle vergini che lo abitano. Dall’altro lato, Pampinea Anastagi (Mischa
Barton), figlia unica di una nobile e ricca famiglia, si ritrova di colpo
orfana a causa della peste. Gerbino vuole mettere le mani su di lei e sulla
sua dote, perciò la minaccia per far sì che lei accetti di sposarlo.
Pampinea però è già stata promessa in sposa a un conte russo e soprattutto è
innamorata del giovane Lorenzo…
A vedere Decameron Pie ci si
domanda in primo luogo come si possano impegnare soldi, tempo e fatica in un
lavoro di questo genere; subito dopo ci si chiede come sia possibile che un
attore del calibro di Tim Roth accetti di parteciparvi. Passi per Misha
Barton (valeva poi davvero la pena “morire” in un telefilm di successo per
“darsi” a una pellicola così?), ma un attore con la A maiuscola rimane
davvero un mistero incomprensibile.
David Leland dice di essersi liberamente ispirato al Decameron di Boccaccio.
Noi abbiamo solo inspirato volgarità e leggerezza. Che in questo caso fa
solo rima con pochezza.
11:10:2008
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