
Difficile definire la nuova fatica di Sergei Bodrov Jr. che, dopo l'esordio
di grande rispetto e sicura ambizione di SORELLE, al Festival di Venezia
2001, si arena come cetaceo in secca su questo pasticcio sconclusionato
che non supera, se non nei desideri del regista, il livello di piattezza
di una soap di scarsa fattura. Dialoghi scontati e risibili, zeppi di
luoghi comuni come il vaso di Pandora lo era dei mali del mondo, intrisi
di simboli e metafore presuntuose e saccenti, vengono sposati con immagini
artatamente costruite senza alcuna onestà intellettuale né
contenuto che le supporti, con la violenza di chi vuole imporre al pubblico
la propria personale visione della corruzione e del compromesso, spacciandola
per dogma. La festa di capodanno organizzata da Oleg a Malibù è
l'occasione per la casta dei russi nuovi pluri milionari, di mondare un
passato di delinquenza ed affari sporchi epurandolo col disinfettante
di soldi e potere, l'occasione per integrare nella realtà delle
ville di Los Angeles un Impero tentacolare che affonda le sue radici nella
mafia e trae linfa vitale dalla droga. La famiglia di Oleg ha sempre rinnegato
la provenienza illegale della ricchezza del suo rampollo ma non ha mai
fatto nulla per allontanarsene o rifiutarne i vantaggi. La mollezza dei
sensi e l'assuefazione della morale al tanfo della corruzione che fa dei
valori solo beni da commercializzare al pari di qualunque altra cosa sensibile,
hanno reso la varia umanità presente al party volgare feccia che
gravita nella dissoluzione dei sensi e dei sentimenti, senza energia né
speranze, nell'orbita di attrazione dell'unico caposaldo riconosciuto
come tale: Oleg. Il giovane, d'altro canto, è stanco della sua
vita di lotta ed ipocrisia, di violenza e missione, e vuole operare l'abdicazione
del suo potere in favore del fratello minore Alex proprio in occasione
della festa che riunisce la famiglia e gli amici. Ma anche il potere,
come ogni fardello, ha bisogno di spalle solide ed ampie su cui riposare
e quelle di Alex si rivelano, da subito, ben fragili ed inadeguate al
difficile incarico delegatogli. Oleg è stanco, vuole sostegno e
riposo, non chiede che di appoggiarsi su coloro che ha sempre nutrito
e curato; Oleg è in pericolo: sa bene che i suoi soci in affari
vogliono eliminarlo perché pesce troppo grosso per rinunciare al
gioco; Oleg è saturo di violenza e mondo mercenario, non crede
più in nulla, non vuole andare avanti in una vita che è
solo riflesso senza corpo né consistenza dell'apparenza dell'essere.
La festa non va come previsto: frustrazione ed infelicità emergono
strisciando dal subconscio offuscando l'ostentazione di ricchezza e divertimento
e rendendo lamentose le note di allegra musica latina suonate dall'orchestra
che anima il party. La mattina seguente, tra i postumi della sbornia e
gli scarafaggi che banchettano tra gli avanzi abbandonati, il sapore della
realtà è acido come un rigurgito e qualsiasi povera cosa
sembra migliore e più sana del mondo venduto e comprato che Oleg
possiede. Forse è per questo che quando questo boss spietato vede
Lisa, la disinfestatrice chiamata a bonificare la casa, proietta su di
lei, sulla sua sciattezza e gli occhi tristi di chi non ha nulla perché
tutto ha perso compresa la speranza, il suo anelito di candore credendola,
con tutta la volontà, il soffio pulito capace di spazzare l'immondizia
dalla sua vita. Confidare nella donna sarà l'errore fatale di Oleg
ma, dopo un epilogo di involontaria comicità in cui le parole poco
hanno a che fare con le spontanee reazioni di chi si trova minacciato
da un'arma, l'unica considerazione positiva su Oleg è che lui sapesse
perfettamente quale fosse il suo destino e lo avesse scelto consapevole
che una sveltina consumata con passione pur con la persona sbagliata valeva
comunque la stanchezza di un'esistenza trascinata come un peso.
Voto: 16/30
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