Non riuscirà sicuramente Wes Craven, in
compagnia dei partner abituali Marianne Maddalena e Kevin Williamson
(rispettivamente produttrice e sceneggiatore-coproduttore), a sbancare
ancora una volta il botteghino con questa nuova rilettura ironica di una
classica tematica dell’horror, contrariamente a quanto accadde invece
con SCREAM una decina di anni prima; e non tanto per il fatto che
l’assai simile GINGER SNAPS lo ha preceduto di quasi un lustro (Craven
dimostra infatti di conoscere i meccanismi della paura, ed i relativi
risvolti grotteschi, molto meglio del più giovane collega John Fawcett,
rendendo il proprio prodotto di gran lunga più digeribile almeno nel
corso del primo tempo), quanto invece perchè la gestazione troppo lunga
e travagliata dell’atteso CURSED non può essere evidentemente spiegata
che con eccessivi rimaneggiamenti imposti dai distributori in fase di
avanzata realizzazione con lo scopo di ammorbidirne i contenuti e di
smorzarne la cattiveria.
La storia dei due sfortunati protagonisti (l’accoppiata
fratello/sorella, binomio tornato prepotentemente in auge da JEEPERS
CREEPERS in avanti) che investono con l’auto un gigantesco lupo mannaro,
lesto in seguito a ferirli, prende subito la giusta direzione,
illustrando con il dovuto brio tutte le immaginabili conseguenze: strani
segni compaiono sui loro corpi, preludendo a mutazioni caratteriali e
corporee dalle quali le vittime non tardano a dimostrarsi disgustate ed
affascinate al tempo stesso, e di cui talvolta faranno uso per
difendersi dai nemici sull’onda di una vivace colonna sonora; Craven fa
sobbalzare più volte sulla poltrona ed abbonda in citazioni cinefile,
facendo muovere i personaggi sullo sfondo di strade storiche quali
Hollywood Boulevard e Mulholland Drive, popolando un museo delle cere
con riproduzioni di miti dell’horror (oltre all’uomo-lupo impersonato da
Lon Chaney jr., ci sono anche il Nosferatu di Murnau, ed il
“Suppliziante” Pinhead, presenza fissa della saga di HELLRAISER),
recuperando ancora una volta un interprete del telefilm HAPPY DAYS (dopo
la breve apparizione in SCREAM di Henry “Fonzie” Winkler nel ruolo del
preside, tocca ora a Scott Baio nella parte di se stesso), affollando al
solito il cast di presenze che ricordano questa o quella serie
televisiva più recente (lo stesso coprotagonista Joshua Jackson è un
esempio lampante) e tornando, dopo il truce incipit di SCREAM 2
ambientato in una sala cinematografica, ad omaggiare DEMONI grazie ad
una sequenza (quella delle due ragazze nella toilette) che recupera
addirittura alcune identiche inquadrature di quella analoga del
capolavoro di Lamberto Bava.
Dopo il folgorante inizio, però, il giocattolo si rompe, e la
preoccupante assenza di gore (il regista aveva dimostrato di saper osare
ben altro nei primi due SCREAM) lascia ben pochi dubbi circa l’autentica
paternità del deludente happy-end verso cui la vicenda inesorabilmente
declina.
E’ auspicabile che, lasciatosi alle spalle l’ennesimo mezzo passo falso
(anche se per nulla paragonabile, fortunatamente, a BENEDIZIONE MORTALE,
INVITO ALL’INFERNO o DOVEVI ESSERE MORTA), Wes Craven possa tornare al
più presto al massimo della forma; potrebbe magari accadere grazie
all’annunciato PULSE, rifacimento più volte rinviato del giapponese
KAIRO di Kyoshi Kurosawa, nella speranza che la presenza dietro la mdp
dell’autore di autentiche pietre miliari come L’ULTIMA CASA A SINISTRA,
LE COLLINE HANNO GLI OCCHI e NIGHTMARE riesca almeno ad eliminare
l’insostenibile lentezza dell’originale, giustificando una volta tanto
l’esigenza di rigirare negli Stati Uniti l’ennesima pellicola orientale.
Voto: 24/30
28:03:2005 |