Come farsi lasciare in 10 giorni
 
di Donald Petrie
 
con
Kate Hudson, Matthew McConaughey


Per i fans del frizzante sceneggiato ai vertici d’ascolto tv Sex and the City, l’argomento di Come farsi lasciare in 10 giorni può risultare familiare: la protagonista, Andie, è giornalista addetta alla rubrica “come fare” di un rotocalco femminile di rara vuotezza concettuale stile Cosmopolitan. Stanca di votare la propria vena di scrittrice ad argomenti futili ed effimeri come pelletterie e profumi, Andie decide di guadagnarsi definitivamente la fiducia del capo scrivendo un articolo ai limiti dell’impossibile: ispirata da una collega eternamente scaricata dagli uomini in pochi giorni, descriverà i classici errori che portano una donna ad essere eternamente mollata, e la cosa risulterà tanto più credibile in quanto sarà lei stessa a fare da cavia all’esperimento.
Andie parte quindi alla ricerca di un cavaliere e la sorte vorrà che la scelta cada proprio su un baldo pubblicitario, Benny, che ha appena fatto una particolarissima scommessa col suo capo a scopo promozionale: farà innamorare di sé una ragazza in 10 giorni.
I due giocano entrambi abilmente la propria commedia. Nella prima uscita di riscaldamento, Andie fa la mossa che, a quanto pare, è il sistema riconosciuto per sedurre infallibilmente il maschio medio americano, ovvero lo porta alla solita partita di basket (dalle nostre parti funzionerebbe meglio il calcio), ma Benny, che è convinto a questo punto di avere già la situazione in pugno, sta solo per entrare nel suo piccolo inferno personale. Col passare dei giorni, Andie mette a segno i peggiori errori, secondo gli stereotipi più sdruciti, che una donna possa fare all’inizio di una relazione: essere appiccicosa, sentimentale, bisognosa d’affetto, imprevedibile. E dovrà rincarare progressivamente la dose quando si accorgerà con stupore che Benny, fedele alla sua scommessa, resiste a qualsiasi angheria femminile, e in particolare alle mille invasioni nella sua cara vita da single piacione: invasioni di peluche rosa in ogni angolo della casa, invasioni nel bel mezzo del fatidico poker del venerdì sera, invasioni telefoniche a ripetizione, e così via. Non potendo liberarsi di questa calamità, Benny cerca di farla definitivamente capitolare sentimentalmente, arrivando a presentarla alla propria famiglia come fidanzata ufficiale (colpo basso). La cosa funziona così bene che i due cominciano a dubitare del proprio gioco e a provare realmente qualcosa l’uno per l’altro. Ma l’esito finale della scommessa li aspetta, e così, mentre lo spettatore attende ormai rassegnato il lieto fine da protocollo, Andie e Benny si accapigliano dopo aver scoperto le reciproche scommesse, perdono fiducia l’uno nell’altro, si perdono di vista per qualche giorno fingendo di odiarsi, e si ritrovano infine con fugone romantico di lui dietro al taxi che sta portando per sempre lei in un’altra città.
C’è in molti fim quello che si potrebbe chiamare “un punto di non ritorno”. In Come farsi lasciare, dopo un inizio quasi incoraggiante, solleticati dal rompicapo in cui si dovrebbero incrociare bugie e verità, atteggiamenti e spontaneità, forieri a tratti di un’autentica comicità che incoraggia quasi a sperare in uno svolgersi indolore della sceneggiatura, a due terzi circa del film la situazione precipita verso il peggio, finché la sciatteria e l’arruffarsi confusionario del finale non lasciano alcun dubbio. Se si era disposti a sorvolare sulla pochezza delle situazioni scelte, sulla necessaria semplificazione con cui vengono affrontati un numero decisamente sovrabbondante di argomenti sulla relazione di coppia, che non basterebbero un paio di annate di Cosmopolitan a sviscerare, è umanamente difficile sopportare regia e sceneggiatura che fanno a pugni e sberle, mentre un direttore della fotografia impazzito mette e leva “calze” (quegli effetti flou molto amati dal nostro presidente del consiglio) tra un’inquadratura e l’altra della stessa scena.
Un peccato, si potrebbe dire, o un’occasione mancata, e di certo lo è per Kate Hudson (figlia di Goldie Hawn, di cui rievoca la freschezza e anche, a suo modo, il talento comico, già premiata per un filmino carino come Almost Famous con il Globe Award), e senz’altro per un produttore come Robert Evans che, prima di associarsi in questa produzione con il calibro di mediocrità hollywoodiana Lynda Obst (Insonnia d’Amore, tanto per citarne uno), ha prodotto cosucce come Rosemary’s Baby, Harold e Maude o Il maratoneta. Non c’era d’altra parte da aspettarsi granché dagli sceneggiatori ingaggiati per adattare il romanzo da cui è tratto Come farsi lasciare, il cui unico lavoro è stata la sceneggiatura de La carica dei 102. E, diciamolo pure, neanche da Donald Petrie, che ha diretto finora pellicole assai ordinarie.
 


Voto:20/30

Piccarda di Montereale MANTICA

06 - 05 - 03


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