A quasi trent’anni dalla versione originale di Wes Craven, ora nelle vesti
di produttore, esce il remake di quello che è ormai un classico del cinema
dell’orrore più crudo, LE COLLINE HANNO GLI OCCHI, diretto da Alexandre Aja,
che assieme a Gregory Levasseur (già al suo fianco per ALTA TENSIONE) ha
anche firmato la sceneggiatura del film.
Una famiglia americana al gran completo, guidata dall’ex ispettore di
polizia Big Bob, è in viaggio attraverso il deserto per raggiungere la
California. Ma dopo aver preso su consiglio di un benzinaio una scorciatoia
poco battuta, i Carter si ritrovano bloccati in mezzo al nulla, senza
possibilità di chiedere aiuto, e devono fronteggiare i micidiali attacchi di
una popolazione di voraci mutanti, figli dei minatori che non hanno voluto
abbandonare la zona in seguito agli esperimenti nucleari del governo
americano. Di fronte all’inaudita ferocia che arriva a mettere a repentaglio
quanto ha di più caro, è il genero di Big Bob, il pacato Doug “Bukowski”, a
dover prendere la situazione in pugno e fronteggiare i feroci abitanti del
deserto, così da recuperare quantomeno sua figlia Catherine, poco più che
neonata.
Privi di automobili e telefoni cellulari, i membri della famiglia si
ritrovano in una situazione primordiale, in cui in gioco è la mera
sopravvivenza. La guerra fra i Carter ed i mutanti diventa un vero e proprio
scontro tribale, in cui il gruppo sociale più pacifico deve per forza di
cose ricorrere alla stessa violenza cui si trova di fronte, se vuole avere
qualche possibilità di mettersi in salvo. Curiosamente, ad imbracciare
accetta e fucile è proprio il “democratico” Doug, preso in giro dal suocero
amante delle armi, quasi a significare che di fronte alle vere minacce,
anche la parte più pacifica del popolo americano dovrà impugnare le armi.
In un crescendo di scene truci, sia sotto il profilo fisico che psicologico,
la partecipazione al dramma familiare cresce sino al finale di pellicola,
grazie anche ad una buona caratterizzazione dei personaggi, tutti dotati di
una personalità delineata. Ancora più notevole, gli stessi “cattivi”
risultano ben tratteggiati e riconoscibili (e quindi per questo maggiormente
soggetti a sentimenti come odio o disgusto), tanto da portare a condividere
distinitamente il desiderio di vendetta di Doug e degli altri sopravvissuti.
Ottimo, in aggiunta, il lavoro sul fronte della colonna sonora, che con i
suoi improvvisi graffi ed accellerazioni acuisce il senso di panico e
angoscia.
Sullo sfondo, riemerge l’incubo atomico che tanto andava di moda nel cinema
di qualche decennio fa, chiamato in causa dalle foto (finte o di repertorio,
non fa differenza) della disturbante sequenza iniziale. Dinnanzi a tante
possibili catastrofi, l’umanità civilizzata non è poi così immune dal
pericolo di scivolare in un primordiale stato di barbarie
Voto: 26/30
30:07:2006 |