CLOSER
di Mike Nichols
Con: Julia Roberts, Jude Law, Natalie Portman, Clive Owen

di Marco BRUNELLI


Pochi autori possono “vantare” una carriera tanto discontinua e stravagante come quella di Mike Nichols (tralasciando ovviamente l’eccentrico Robert Altman). Andando a scavare nella filmografia dell’ultrasettantenne regista britannico possiamo infatti scovare opere che hanno contribuito a definire un genere (Il Laureato, The Day of the Dolphin), film interessanti ma snobbati all’epoca dell’uscita nelle sale (Catch22,Conoscenza Carnale) e flop colossali (l’assurdo, in senso negativo, Da Che Pianeta Vieni? e Piume di Struzzo).
Questo sembra però essere un periodo favorevole per l’esperto regista, che dopo aver raccolto consensi di critica e pubblico con l’elegante miniserie “Angels in America”, torna trionfalmente nelle sale con il riuscito Closer.
Forte di un cast d’eccezione (escludendo la sempre piatta Roberts), Closer è essenzialmente un viaggio all’interno della geometria delle relazioni, dell’intimità, del tradimento e del sesso. Basato sulla acclamata commedia teatrale di Patrick Marber del 1997, Closer è quasi il punto di arrivo per un regista che fin dagli inizi della propria carriera (Chi ha Paura di Virginia Woolf?, anch’esso tratto da un’opera teatrale) ha cercato di approfondire i rapporti (sentimentali e non) fra uomini e donne, senza particolari astrazioni, ma sempre con brutale sincerità.
La storia si regge su quattro individui, le cui vite si intersecano in una serie di eventi trasversali: Dan (Jude Law), autore di necrologi e aspirante romanziere di successo. Alice (Natalie Portman, nomination all’Oscar per questo ruolo), misteriosa spogliarellista proveniente dagli States che finisce per allacciare una relazione con Dan. Larry (Clive Owen, anche lui fresco nominato all’oscar), un dermatologo che attraverso una serie di “fortuite” circostanze incontrerà e sposerà Anna (Julia Roberts), fotografa insofferente e incapace di mantenere una relazione stabile.

I problemi all’interno delle coppie sorgeranno quando varie indiscrezioni porteranno i diversi personaggi a domandarsi quali sentimenti questi stiano effettivamente provando nei confronti del proprio partner.
Piuttosto che narrare una storia,  la pellicola preferisce esplorare e osservare (complici le luci e la camera controllata con garbo da Stephen Goldblatt, alla seconda collaborazione con Nichols dopo “Angels in America”) le ipotetiche vite di quattro persone che attraversano i diversi stadi presenti inevitabilmente in ogni relazione:
- L’inizio (causato da un evento completamente aleatorio,  come nella maggior parte dei casi reali);
- Lo sviluppo,  attraverso il pensiero che la persona incontrata sia “quella predestinata”;
- La tragica fine che lascia l’impressione amara che fatalmente,  e pateticamente,  la persona ormai persa sia davvero “quella predestinata”
 

La ricerca della verità a tutti costi si rivelerà fatale per i diretti interessati (“Senza di essa non siamo che animali..” affermerà a un certo punto della storia Jude Law),  e l’ambiguità della sceneggiatura non offrirà risposte scontate nemmeno agli spettatori più attenti.
Closer è un film duro e senza compromessi,  che per certi versi ricorda il cinema elegante di Neil Labute,  mentre per altri il tema della disfunzione e del lato oscuro dei rapporti interpersonali può rimandare ad alcune delle più famose opere di Cassavetes (A Woman Under the Influence su tutti).
La recitazione,  chiave di volta in un film di questo genere,  è eccellente,  con qualche riserva; su tutti spicca il bravissimo Clive Owen (unico attore del film che ha recitato anche nella commedia originale da cui è tratto Closer),  che più di una volta riesce a rubare letteralmente la scena ai propri colleghi.

Come già accennato,  Julia Roberts delude parecchio le aspettative,  anche se il ruolo di apatica cronica non le permette di esprimere il campionario di emozioni di cui godono invece gli altri personaggi. Natalie Portman è come sempre bellissima,  e riesce bene a calarsi in una parte ben diversa da quella della solita ragazza adorabile di provincia (Beautiful Girls o il più recente e inedito in Italia Garden State). Jude Law,  pur non essendo sullo stesso livello di Owen,  recita dignitosamente quella che forse è la parte più impegnativa di tutta la vicenda.
Il vero punto di forza comunque è la sceneggiatura di Patrick Marber, che ha adattato con qualche cambiamento anche piuttosto rilevante la propria commedia per il grande schermo, con risultati più che discreti.
Come tutti i film,  anche Closer non è esente da difetti; prima di tutto la regia è un po’ piatta e impersonale, e anche se è vero che la storia in questa circostanza ha la precedenza sullo stile, qualche virtuosismo in più Nichols se lo poteva permettere (si prenda come esempio Americani (GlenGarry GlennRoss), altra commedia teatrale, stavolta di David Mamet, forte di un interessante direzione che la rende più di un semplice adattamento per il grande schermo).
Inoltre, non sempre l’intreccio è dei più realistici, e troppo spesso si verificano incontri “casuali” o per così dire “telefonati”.
L’ambientazione Londinese e la scelta di inserire personaggi appartenenti perlopiù (se si esclude la Portman) alla alta borghesia, rende poi difficile l’immedesimazione dello spettatore e toglie quel carattere di universalità che poteva essere un punto in più per quello che è fondamentalmente un tagliente commento sulla società moderna e sul modo di relazionarsi.
Tuttavia,  tutto questo non impedisce a Closer di essere una delle pellicole provenienti da Hollywood (anche se la produzione viene spacciata per indipendente) più interessanti di questo periodo.
Purtroppo gli incassi oltreoceano non sono stati soddisfacenti (e anche in Italia non si può certo dire che sia stato un successo), ulteriore segno di come lo spettatore medio sia l’unico vero colpevole della crisi artistica del cinema contemporaneo.
 

Voto: 27/30

26:01:2005


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