
A) PERVERSIONE n. 1 - Perché negli Stati Uniti non vedranno mai LA CAPAGIRA?
O IL PARTIGIANO JOHNNY o I CENTO PASSI? Perché invece in Italia siamo
costretti a confrontarci con i secessionisti e gli unionisti della storia
americana? Quale perverso meccanismo è alla base di tale squilibrio nella
fruizione della cultura? Conosciamo tutti molto bene i motivi di pura
geopolitica, che hanno innestato, ormai più di mezzo secolo fa, un simile
processo, così come sappiamo che la sua degenerazione (dicesi globalizzazione),
ha generato ovunque effetti opposti (diconsi autonomie locali e conflitti
etnici): ma ora siamo d-e-f-i-n-i-t-i-v-a-m-e-n-t-e stanchi di doverci
sorbire tendenziose o semplicemente politically correct ricostruzioni
di una vicenda lontanissima dai nostri orizzonti storici già sufficientemente
travagliati, o, più in generale, tutta la paccottiglia filmica, che narra
le vicende legate alla storia degli yankee, nostri invasori culturali
troppo a lungo tollerati.
La storiella qui raccontata (supportata da titolo improprio: forte e accattivante,
laddove gli esiti sono mesti e/o rassicuranti), ruota attorno agli eventi
più o meno drammatici, che attraversano le esistenze di un gruppo compatto
e goffamente interetnico di sudisti secessionisti, impegnati nell'impossibile
utopia anti-unionista (ci siamo), anti-lincolniana (mmhhh…) e filoschiavista
(non ci siamo), che univa Missouri, Texas e altri Stati del Sud. Mucchio
poco selvaggio, invece di combattere nell'esercito regolare, sceglie la
via della guerriglia disordinata e ribellista tout-court. Salvo ripiegare
nel privato, appena la fuga dalla logica degli schieramenti regolari si
rivela fallimentare.
Nel film sembra dominare una sorta di pensiero debole, che non ci sembra
essere appartenuto a quei "contesti", in base al quale i fiori innocenti
della Storia devono inchinarsi al più forte: il problema è, poi, che vittime
e carnefici sono entrambi indifendibili, se non altro col senno di poi,
per cui fatichi a prendere posizione pro o contro qualcuno. In ogni caso,
una pellicola costruita attorno alle peripezie di alcuni sudisti americani
indipendentisti, capeggiati da un tedesco e aiutati da un "negro" molto
polite e poco avvezzo alla difesa dei propri diritti, non dovrebbe avere
fuori dai propri confini (sempre che non sia un capolavoro), una visibilità
di questo tipo e, per quanto ci riguarda, ci auguriamo il suo fallimento
commerciale.
B) PERVERSIONE n. 2 - Ang Lee? Abbiamo letto bene? Il regista de IL BANCHETTO
DI NOZZE e TEMPESTA DI GHIACCIO, cinese formatosi alle scuole americane
di cinema, che affronta temi, semmai, "fordiani" ? O dovremmo credere
gli Studios capaci di sottigliezze del tipo "proprio perché non-yankee
è il più adatto a trattare l'integrazione dei diversi -la coppia nerogermanica
di cui sopra- in un contesto ostile" ? La verità sta altrove. La verità
è che, se non produci almeno un grosso successo al botteghino ogni due
film, sei costretto a lavorare per un tot di anni come un qualunque filmaker
dipendente, al soldo di tycoon dell'industria cinematografica capaci di
rifilarti inaccettabili sequel o pellicole storiche lontanissime dalla
tua cultura e/o sensibilità (sense and sensibility, RAGIONE E SENTIMENTO:
ahi, Ang Lee era già caduto nella trappola ivoryana del film in costume,
addirittura da Jane Austen…).
Finchè si trattava di investigare il dramma da "doppio crossover" di un
cinese-gay- nell'America-d'oggi (IL BANCHETTO DI NOZZE) o, al più, la
deriva sentimentale di una famiglia anni '70 colta nell'impaccio di una
liberazione sessual/educativa forzata (TEMPESTA DI GHIACCIO), il regista
dimostrava familiarità con la materia narrativa contemporanea: ma tra
giubbe blu, fucili e cavalli in corsa, anche il più volonteroso e paziente
dei monaci zen perderebbe la strada verso l'illuminazione….
C) PERVERSIONE N.3 - Il cast. Meglio: l'atto del casting, la scelta di
icone (?) dell'immaginario giovanile odierno -la pop singer JEWEL; SKEET
ULRICH, uno dei reduci del primo, glorioso SCREAM; TOBEY MAGUIRE, il protagonista,
decisamente troppo poco avvezzo all'esibizione di una qualche forma di
cattiveria- risulta anch'essa forzata, improbabile.
Maguire ha un suo registro tra il sognante e l'impacciato, che, da EMPIRE
RECORDS a PLEASANTVILLE a LE REGOLE DELLA CASA DEL SIDRO, gli è valsa
una discreta e non immeritata fama. Ma in un film metà western e metà
"ragione e sentimento", sembra muoversi comunque con difficoltà, costretto
com'è a fare strage di nemici con lo sguardo a mezz'asta del liceale impaurito
e lento di riflessi.
In un ruolo non secondario, (non) abbiamo apprezzato persino JONATHAN
RHYS MYERS, altra presenza inquietante e decontestualizzata: era, infatti,
lo speudo-BOWIE di VELVET GOLDMINE e uno dei figli maledetti di Jessica
Lange in TITUS. L'aria da efebo bisex e il fisico minuto, i capelli alla
Kate Moss e la smorfia drogata, non giovano al ruolo di collezionista
di scalpi, che il film gli assegna con perfidia.
In breve, un film che vive su troppi azzardi giocati in contemporanea,
ma che non sono il frutto di una personale scommessa dell' autore, bensì
il risultato del più tipico lavoro d'equipe degli studios, dove gli ingredienti
-buoni, ma di eterogenea provenienza- vengono giustapposti con cinismo,
più che dosati e amalgamati con la dovuta attenzione al risultato artistico.
Voto: 22/30
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