La
trasformazione, da giovane a vecchia. Da ignorante a saggia. Ombre
gelatinose che passano attraverso il corpo e imbiancano i capelli.
Presentato in anteprima mondiale a Venezia, con conseguente impossibilità di
portare in sala qualsiasi cosa non fosse il proprio corpo e slittamento di
circa mezz’ora rispetto all’orario stabilito, il nuovo film di Miyazaki si
pone come elemento di continuità con il passato del cartoonist giapponese
pur vedendo introdotta nella poetica del regista una volontà di
universalizzazione delle tematiche e dell’ambientazione. L’intreccio
tortuoso ed affascinante di Howl’s Moving Castle vede la giovane Sophie
trasformata in anziana da un sortilegio ed accolta nella casa errante
dell’ambiguo mago Howl; lo sfondo è quello di un’Inghilterra ottocentesca
dal sapore fiabesco e surreale, terreno di sfide tra maghi e teatro di una
guerra cruenta alla quale i protagonisti tenteranno di mettere fine. La
sceneggiatura, meglio, la fiaba del castello errante, con le sue frequenti
ellissi di significato, sembra appartenere più al campo dell’esperienza
onirica che a quello della narrazione; la potenzialità immaginifica propria
dell’animazione, della quale Miyazaki è decisamente uno dei maggiori
interpreti, si srotola sotto gli occhi dello spettatore come un sentiero
tracciato con incertezza e percorribile solo dall’inconscio. Proprio nella
capacità straordinaria di creare un cinema “inconscio” che non presenti la
volontà di compiere un processo psicanalitico (d’accatto) sullo spettatore
risiede la grandezza dell’opera di Miyazaki, che non solo costruisce
splendidi quadri animati, ma riesce ad infondere a personaggi e sequenze una
solidità inaspettata se si pensa alla sottigliezza dei raccordi narrativi
che caratterizzano il film. La corsa disperata dei protagonisti verso la
propria necessaria metamorfosi permea la pellicola, la necessità di mutare,
di decostruire ciò che si è in superficie (attraverso un brusco mutamento di
età, di aspetto, di colore…) sembra essere per Miyazaki l’unica via
percorribile per conoscere l’unicità dell’individuo, che spogliato del
proprio aspetto (o della propria riconoscibilità) indaga la realtà con occhi
diversi. Completano un’opera davvero importante, non solo nel campo
dell’animazione, caratterizzazioni comiche di grande classe ed un gusto
estetico che sicuramente non dubitavamo fosse in possesso del regista, ma
che non manca di affascinare ad ogni nuova prova.
Voto: 28/30
05:09:2005 |