CASOMAI
di Alessandro D'Alatri
con Fabio Volo e Stefania Rocca



Come si poteva, dopo L'ULTIMO BACIO, tornare a parlare dell'amore al cinema e, più strettamente, dei meccanismi di coppia? Inevitabilmente, alla luce di quel fenomeno da tutti conosciuto, il rischio più concreto era quello di passare per imitatori o per chi ha preso la strada al momento meglio spianata. In CASOMAI i temi - è quasi ovvio - sono quelli, ma con alcune, decisive, variazioni. All'inizio, è cosa nota, tutto sembra possibile ma poi il lavoro, i figli, l'abitudine portano allo sfacelo. Qual è la differenza tra amore e matrimonio, e in nome di cosa è giusto mantenere aperto un rapporto spento?
L'ultimo lavoro di Alessandro D'Alatri inizia dove molte pellicole d'amore potrebbero finire: in chiesa, per il matrimonio. Tommaso e Stefania hanno scelto un luogo lontano dalla città, quella città dove invece il film porterà lo spettatore per buona parte dei suoi cento minuti. Il luogo in cui si trovano è però significativamente "fuori dal mondo": solo lì, infatti, può capitare che un prete metta in discussione tutto invece di portare acriticamente a termine il proprio ufficio. In dubbio, tuttavia, non c'è la sincerità dell'amore da consacrare, ma la possibilità che avrà di rimanere indipendente.
Tommaso fa il pubblicitario (sono tanti gli spot firmati da D'Alatri), per cui conosce il valore e il potenziale di un "consiglio": la parola o l'immagine giusta possono influenzare le scelte in maniera determinante. E se buona parte del racconto ce lo mostra nel tentativo di scegliere il "suggerimento" giusto, lui e Stefania sono il bersaglio, come tutti, di moltissime pressioni, anche se di natura più morbida e intima. Pressioni che spesso giungono proprio da chi - amici, familiari - dovrebbe (e forse vorrebbe) invece essere d'aiuto. Perché l'universo (anche amoroso) del film di D'Alatri è composto di tante individualità, siano esse parte o meno di una coppia. Motore di tutto sembra essere l'invidia per chi "possiede" qualcosa: una posizione sociale o, ancora di più, la felicità negli affetti. Un mondo di sotterranee competizioni (chissà quanto involontarie), in cui ognuno sopravvive con armi improprie quali il continuo confronto, il giudizio, un motto di saggezza, la battuta salace, ma anche un parere spesso non richiesto. Inevitabile, allora, che tutto questo impedisca un regolare corso alle cose, anche in amore. Eppure, ad ascoltare Don Livio, su tutto questo c'è modo di riflettere…
Il principale merito di D'Alatri è in un lavoro di sceneggiatura (scritta con Anna Pavignano, cui si devono anche gli ottimi script de IL POSTINO e di alcuni film di Troisi) che preferisce sempre lasciar intendere piuttosto che dire. Il punto di forza del racconto è infatti nell'aver trovato una strada nuova per affrontare temi sempre attuali ma a concreto rischio di usura. Un film sull'amore che - proprio in quanto tale - sa ragionare, senza banalità, anche su altro motivo non certo nuovo come i danni di un contesto sociale in cui il tornaconto privato (e/o aziendale) ha fatto perdere le coordinate di una giusta politica (anche mediatica) dei consumi. Nel film, ad un certo punto, si avanza una teoria cui si preferirebbe non credere: due single consumano di più rispetto ad una coppia felice, per cui faranno almeno il doppio degli acquisti…


Voto: 28/30

Andrea DE CANDIDO
06 - 05 - 02


::: altre recensioni :::