David Fincher ci ha portati
nel corso della sua carriera dentro storie buie, abitate da serial killer
enigmisti - Zodiac, Seven - e
insonni membri di un club di combattimenti notturni -
Fight Club -, questa volta decide invece di accompagnarci dentro una
fiaba, la fiaba dell’uomo nato vecchio : Benjamin Button.
La storia parte a ritroso esattamente come la vita del protagonista.
Benjamin Button nasce il giorno della fine della Grande Guerra, abbandonato
a causa del suo aspetto mostruoso trova un nido in una casa di riposo di New
Orleans, dove é perfettamente a suo agio, il piccolo infatti se pur di
giovane età ha la salute ma sopratutto l’aspetto di un novantenne. Ci vorrà
ben poco per capire che la sua é una vita al contrario, cosa che non gli
impedirà pero di trovare l’amore.
Fincher si concentra sul suo personaggio principale, creatura atipica che
non sembra appartenere a nessun luogo e tantomeno a nessun tempo. Benjamin
pur passeggiando per il novecento americano, sembra non farne parte; Fincher
ci dona il minor numero possibile di referenze storiche facendoci
attraversare un secolo d’America con la stessa facilità con cui Brad Pitt
torna a essere il ragazzotto a torso nudo di
Thelma e LuisE. Si esce
invece dal cinema con il souvenir di com’era una delle più monumentali icone
dello star system moderno, perché é lui a farla da padrone insieme agli
incredibili effetti speciali, meno evidenti sul bel viso della Blanchett,
sempre brava ma offuscata dal giganteggiamento del primo biondo attore.
David Fincher ci offre in pasto Brad Pitt, come sarà, com’é ma sopratutto
com’era, condendo il tutto con la morale del carpe diem e
dell’accettazione di sé e degli altri. Ci si chiede se da tutta questa
maestosità di mezzi e di tempo, il film dura quasi tre ore, e dall’ indubbio
talento del realisateur americano non si poteva tirare fuori qualche cosa in
più.
14:02:2009
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