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Il Curioso caso di Benjamin Button di David Fincher
con Brad Pitt, Cate
Blanchett |
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MIGLIOR SCENOGRAFIA |
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13/30
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David Fincher fa parte di quella non ristretta categoria di filmmaker che hanno progettato a tavolino la propria carriera fin dai banchi di scuola. Inizi come clipparo di medio livello (“Vogue” e “Express Yourself” per Madonna), doppio esordio nei feature films premeditatamente spiazzante, in modo da farsi notare dall’industria a colpi di livide estetiche messe al servizio di un nichilismo d’accatto (ALIEN III e il sopravvalutatissimo SEVEN), terza pellicola fallimentare per prevedibile eccesso di autostima - THE GAME - che, di fatto, ne taglia il percorso in due. Successivo ripensamento e ripresa di medio livello (FIGHT CLUB, pure overrated dalla critica), attribuibile peraltro allo schizzato Palahniuk che l’ha scritto. Fine dei giochi.
Quello che segue sono: a) un altro imbarazzante buco nell’acqua - PANIC ROOM - e b) il tentativo di clonare, in vitro e in loop, le coordinate narrative e il décor dei detective-movies anni Settanta (ZODIAC). Fincher è uno di quelli che vanno di cosmogonie e che se non hanno creato mondi non riescono a dormire, mentre ZODIAC, all’opposto, viveva di decalco-mania compulsiva, salvo fallire nell’intento di ridar vita a un genere. Tre ore di sabbie mobili, neon, luci fincherianamente gialle, onanismo investigativo e tensione bradicardica, mentre l’hannibal lecter del caso, piazzato davanti al nostro naso, non ci faceva nemmeno il solletico. Qualcuno, al solito, è riuscito a vederci “altro”: il fallimento di ogni tentativo di sciogliere intrecci, perché qui siamo alla dissezione degli stessi, all’autopsia del meccanismo narrativo basato sulla raccolta di dati, alla costruzione del monumento all’autoreferenzialità dell’“indagine”, mentre il Vero sembra andarsene per rivoli, da qualche parte. Vabbè… Più semplicemente, il 47enne di Denver non ha un gran talento e ha capito, come il suo quasi “doppio” Bryan Singer, che è più saggio coltivare un bel pelo sullo stomaco se si vuole sopravvivere a Hollywood. E poi, o si vince un Oscar prima dei 50 o si è dei falliti. Ecco allora, dietro l’angolo, la definitiva resa delle armi, lo sbracamento senza dignità, l’inchino di fronte all’urgenza di fare cassa, il triste epilogo faustiano.
The Curious Case of Benjamin Button, straziato da uno script (opera di Eric Roth, quello di FORREST GUMP…) che maciulla il testo di Scott Fitzgerald, è l’epitome del film per la Massa già predisposta a riceverlo pacatamente, serenamente. Anche se gli stamperanno sul petto una dozzina di statuette, tra qualche giorno, questo film non avrà nulla dell’infantile-rozza-ostinata magniloquenza di un Titanic, tanto per citare la Pellicola per eccellenza dotata di tutte le credenziali per essere multi-oscarizzata. Qui siamo dalle parti del film ricattatorio buono solo per platee di spettatori rintronati e stanchi, pronti per essere lobotomizzati da un patetico ammasso di melensaggini che, circa a metà “storia”, si iconizzano in un colibrì, ridicolo filo rosso narrativo di una sceneggiatura da fucilazione. Lo spunto dell’inversione anagrafica nel processo di crescita dell’essere umano, per quanto forzato, conterrebbe, volendo, almeno un possibile svolgimento degno di nota: analizzare a fondo (nei suoi risvolti introspettivi, ma allora Bradip Pitt era da scartare di default, in quanto espressivo quanto una cassettiera dell’Ikea) i “contro” piuttosto che i “pro”, ovvi, dell’invecchiare ringiovanendo nel corpo. Essi - i contro - si condenserebbero sostanzialmente nell’assistere alla perdita di amici e parenti mentre ci si illude di star procedendo verso una prospettiva di vita che non c’è. (Fitzgerald a parte, che geniale intuizione è mai quella che prevede comunque una speculare forma di fine-morte-regressione al termine del processo?). Siamo dalle parti de LA VITA è BELLA: immaginiamo qualcosa di assurdo & impossibile, ma “poetico”, e cuciniamolo ad arte per la sensibilità dell’Uomo Della Strada. Stiamo sicuri che ingoierà in un sol boccone il bolo alimentare di stupidaggini propinategli ad arte dal presunto furbacchione di turno.
Anyway, dicevamo: c’era da sviluppare questa perdita progressiva di sodali, etc etc, poi, semmai, andare anche dalle parti di una IMMENSA SOLITUDINE: nessuno ti vuole, o perché inadeguatamente giovane nel corpo, o perché troppo smagato e vissuto per frequentare i tuoi pari età. Oppure: che significa dover cambiare amicizie e frequentazioni quasi ogni anno, per colpa di cotesto relazionarsi a-sincronico? Niente di niente.
Il film di Fincher non scandaglia alcunché e rimane in superficie, tirandosi dietro fardelli non-sense (i 5 minuti alla SLIDING DOORS…) e divagazioni gratuite - tutto l’inciso coreografico dedicato alla divina Blanchett, ballerina incidentata - col risultato di ammorbarci con mini-blocchi narrativi totalmente slegati gli uni dagli altri.
Si naviga costantemente fuori rotta, si esce dal seminato, si va FUORI TEMA e si ha anche il coraggio di appesantire il tutto con una fotografia seppiata e effetti speciali “incredibili” che, in sostanza, piantano il testone di Bradip sui corpicini di ragazzini spacciati per un vecchietto. Horribile visu! Passi tutto ciò, passino le scene di danza, se non altro perché Cate Blanchett è un gran bel vedere (va direttamente al numero 2 in classifica, dietro l’inarrivabile Winslet Kate), chiudiamo un occhio sul colibrì, sulla CGI orrorifica buona per stupire i forrest gump poco avvertiti, dimentichiamo l’ennesimo ricatto del nero buono che accoglie storpi e scherzi della natura in una casa simpaticamente incasinata e stendiamo pure un velo pietoso sul tizio colpito da 7 fulmini (l’ottavo è per Fincher). Nulla e nessuno può però giustificare la parentesi di guerra - ignobile, negli anni di REDACTED - e il finale da censura.
Vediamo un po’: peggio Cerami per LA VITA è BELLA o Eric Roth Fincher per BENJAMIN BUTTON ? La chiosa del film - dopo 3 ore in cui il diario di B.B. (morto neonato nel 1985, ma con uno sguardo… consapevole) viene letto dalla figlia di questo alla madre, Blanchett, ricattatoriamente malata terminale in un ospedale di New Orleans, guarda un po’ proprio mentre si scatena Katrina - ci propina una sequenza che è pura pornografia. Cate muore e raggiunge Bradip, New Orleans affonda e la m.d.p. dove va? Scende al piano terra della casa una volta abitata dai due e si fissa su foto e oggetti lentamente risucchiati dall’onda portata dall’uragano…
Qualcuno, il 22 febbraio, dovrà chiedere ragione a Fincher di un finale così falso, volgare e insensato. Non è per caso che uno dei momenti più tragici nella storia della comunità nera nordamericana è stato utilizzato nel finale di questo film indifendibile perché nel frattempo, diciamo il 4 novembre, quella stessa comunità era riuscita ad avere finalmente uno di loro alla Casa Bianca? Siamo pronti a scommettere che l’ultimo minuto di BB è stato concepito e girato dopo il 4 novembre 2008.
17:02:2009 |
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The Curious Case
of Benjamin Button
Warner
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