LA CASA DEI MATTI
di Andrei Konchalovsky
con Julia Vysotsky, Eugenj Mironov,
Sultan Islamov



La casa dei Matti, è stato presentato a Venezia durante l'ultimo Festival del Cinema, è un film russo-ceceno di Andrej Koncalovskij, classe 1937, figlio di poetessa e commediografo, che lancia uno sguardo in senso universalistico al significato della guerra, vista soprattutto da chi questo mostro, che dilania da sempre le popolazioni, lo combatte in prima linea, come i militari e i civili.
I civili che vengono presi come soggetto principale del film di Koncalovskij, tornato dopo anni dietro la macchina da presa, sono degli innocenti rinchiusi in un manicomio al confine con la Cecenia, ambientato nel 1996 durante il primo conflitto bellico, che ha sconvolto quelle terre per anni.
I pazienti della clinica, vivono nel limbo, la loro vita è costellata di sogni, di lotte quotidiane per imporre la propria personalità, come "la vita" di Janna (Julija Vysotskij), la giovane protagonista innamorata dell'amore, che vorrebbe vivere un'esistenza normale come tutte le sue coetanee. Ella si innamora di un suo idolo, il cantante Bryan Adams, con le foto del quale, ha tappezzato le pareti della camera, richiudendosi in un mondo interiore, in cui fantasia e musica proteggono e aiutano a vivere, già in quanto Janna nei momenti difficili suona catarticamente quale strumento vitale, donatole dal padre, la fisarmonica, strumento popolare, proprio della cultura russa-balcanica, che dona ritmo, musicalità, tradizione.
La poesia trabocca da ogni lembo della pellicola, come nella scena in cui gli ospiti della clinica si affacciano alla finestra attendendo il treno, che ricco di fantasticherie li fa sognare, in cui personaggi circensi, sfilano davanti alla macchina da presa, accompagnati dalle musiche di Brian Adams, scene che paiono di matrice felliniana, anche alcune scene trasognate, surreali composte da macchiette personaggi che fuoriescono dai cliché estetici hollywoodiani. La tragedia inizia, quando la guerra giunge alle porte dell'ospedale, il personale medico, ha abbandonato i pazienti, lasciandoli in balia degli eventi, ecco che qui cominciano a delinearsi le personalità dei protagonisti, le loro stanze le loro vite sospese, come quelle dei personaggi "The million dollar hotel" di Wim Wenders!
I pazienti si stringono tra loro, cercando la fuga che gli è impedita dall'avvicinarsi dei bombardamenti, sino a che i guerriglieri ceceni approdano, a "casa" dei malati, così come gli ospiti del manicomio la definivano. Janna a causa dello scherzo di un combattente, Akhmed (Sultan Islamov), decide di diventare sposa di quell'uomo sconosciuto, ma che le aveva rivolto la proposta della vita, e mentre fuori si combatte, dentro gli abitanti della casa si prodigano per la cerimonia, i preparativi fervono, per i malati è un momento topico, uno di loro se ne sta andando da quella vita di comunità.
La ragazza si rende conto che la sua vita era piena assieme ai suoi amici, e che non avrebbe potuto tradire il suo beniamino Bryan Adams, in quanto il gioco del soldato aveva inconsciamente ferito la giovane nella sua illusione di felicità. Allora Jana suona, suona la sua fisarmonica per donare alle circostanze una parvenza di serenità e con il suono cancellare le tristezze.
I ceceni scappano e vengono sostituiti dai russi, che si installano a loro volta nel manicomio, insieme al medico che riesce a tornare dai suoi pazienti, un giovane capitano preso dal panico per i combattimenti e per la paura della morte a causa della perdita di molti suoi soldati trucidati, il dottore soccorrendolo con una dose di calmante gli dice che in guerra chi vince è la morte.
Di questi tempi in cui soffiano burrascosi venti di guerra è bene riuscire tramite un surreale racconto cinematografico, ad inneggiare per la pace in tutte le direzioni!


Voto: 28/30

Lucia Lombardi
14 - 02 - 03


::: altre recensioni :::