
Più che un film storico un racconto che afferra e celebra l'attimo
in cui l'azione non è ancora evento.. questo il risultato che Maria
de Medeiros, alla sua prima regia, ottiene sfruttando un impegno decennale
fatto di raccolta curiosa ed intelligente di materiale d'archivio, di
indagini dirette su personaggi e luoghi, di acquisizione di articoli,
saggi e diari, al culmine della maturazione di una professionalità
artistica che le consente di sfatare il luogo comune che fa dell'attrice
solo una creatura futile. Un esordio certamente impegnativo che ha visto
l'apparentemente fragile Maria, 36 anni, viso irregolare che si illumina
di sorriso e personalità, dimostrare passione ardente e carisma
nel modulare l'interpretazione di un cast di soli uomini (la de Medeiros
è l'unica donna tra gli interpreti principali), governare migliaia
di comparse e disporre di decine di mezzi bellici pesanti. Si tratta del
tributo della seconda generazione a quel momento raro di convergenza di
ideali e comunione di intenti che talvolta nella storia trasforma l'alito
di vento in tempesta, nell'impeto della libertà. I Capitani d'Aprile,
simbolo dell'uomo nuovo che si ribella all'ottusità della violenza,
alla cecità della morte, all'indifferenza che condanna il più
debole, marciano su Lisbona annunciati, nella notte tra il 24 ed il 25
aprile del 1974, dalla trasmissione alla radio di una canzone proibita:
"Grandola": il viso comune di tutti gli uomini comuni che hanno
il coraggio di schierarsi, stanchi della dittatura, di un Regime che rende
facile la scelta della morte. Sono stanchi ma lucidi, consunti ma pieni
della dignità che solo onore e principi sanno rendere conquista
definitiva. Hanno reso inoffensive le proprie armi infilando un garofano
in canna, forti del patto di non uccidere mai più. I Capitani danno
vita ad una rivoluzione pacifica, ad un colpo di Stato atipico in un regime
reazionario e fascista, ad un rovesciamento dell'assetto politico del
Paese dettato non dalla sete di potere ma da un'ansia incontenibile di
vita, dal desiderio di coerenza tra il giuramento alla Bandiera ed il
bisogno che quella Bandiera non tradisca i valori di onore e coscienza
che motivano la definizione orgogliosa di Patria, dall'esigenza di spazzare
via il lerciume di un Regime che tortura i prigionieri politici e persegue
col sangue il miraggio di una politica coloniale di ricchezze. Sono tutti
giovani, i Capitani, ancora integri ed incontaminati dalla Ragion di Stato,
pronti al sacrificio ma lontani dalla scelta del martirio. Mettono in
piedi un movimento di rivolta in pace, una rivoluzione senza armi contro
il più sanguinario e duro dei Regimi, un processo che diventerà
valanga assecondato dalla speranza risvegliata nel Popolo sopraffatto
che scende in piazza al grido: "Libertà!". La de Medeiros,
rendendo omaggio ai grandi registi con cui ha lavorato nella sua carriera
di attrice, recupera, in questo film difficile, la lezione di stile di
de Oliveira, così come l'amore per la parola ed il dialogo capaci
di costruire, al di là della violenza, il pathos tipico del miglior
Tarantino. Si definisce "un'adolescente incosciente" e forse
lo è davvero vista l'impresa gravosissima di affrontare un tema
della storia recente ancora così caldo ma, in fondo, se ciò
che davvero conta è il prodotto questo CAPITANI D'APRILE, al di
là di qualche debolezza iniziale che appesantisce la pellicola
con un susseguirsi di scene introduttive e di commento troppo lunghe e
poco amalgamate, riesce ad emozionare grazie, certamente, al grande impatto
della storia che sembra fatta per ricavarne un film ma anche alle scelte
della de Medeiros che punta, con la discrezione di una regia "di
servizio", a confezionare un kolossal paradossalmente intimo, di
grande forza e coinvolgimento. Collaborano alla rivoluzione idealista
un manipolo di uomini votati alla giustizia: uomini confusi (sono guerrieri
ma non vogliono più uccidere) ed ingenui che devono risolvere contraddizioni
(come combattere la resistenza del regime senza spargimento di sangue?),
problemi pratici (cingolati agonizzanti come ferri vecchi che si guastano)
e strategici (le colonne di carri armati devono fermarsi ai semafori rossi?).
I Capitani, attraversati dal soffio della storia, verranno esclusi dai
nuovi sviluppi cui hanno dato corso ma non prima di aver ottenuto il successo
più grande: rovesciare il Governo senza sparare un colpo. Nella
parte di Salgueiro Maia, immediato e naturale come pochi attori sanno
essere, ancora una volta Stefano Accorsi ci regala un personaggio di incredibile
vitalità prestando il suo viso bello ed inquieto ad uno dei protagonisti
della rivolta di pace, un uomo dalla personalità semplice ma di
mirabile ricchezza interiore capace di contribuire al difficile processo
di democratizzazione. Le 24 ore di rivoluzione, pur viste dagli occhi
degli Ufficiali che ne furono gli artefici, vengono filtrate dalla sensibilità
di Antonia, la pasionaria interpretata dalla de Medeiros, la coscienza
civile della protesta, l'intellettuale che si batte contro le atrocità
di un regime disumano e che rappresenta il punto di vista moderno di un
film realizzato da una donna e dedicato ad altre due donne (la madre e
la figlia della regista). Un film di impegno e contenuto che riesce a
veicolare, con una costruzione quasi da racconto giallo, il coinvolgimento
del pubblico che, nonostante qualche ingranaggio di troppo nel meccanismo,
si offre volentieri allo spettacolo della libertà che, ingiustamente
coartata, finalmente esplode in una vivida, inevitabile reazione di popolo,
colorata come i garofani che, infilati nelle armi in quell'aprile del
1974, hanno saputo trasformarle in mazzi di fiori.
Voto: 26/30
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