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LA CANARINA ASSASSINATA di Daniele Cascella Con Chiara Conti, Chiara Francini Altri interpreti: Ignazio Oliva, Michele De Virgilio |
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26/30
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“Dedicato alla memoria di Alessandro Ninchi”: con queste parole si conclude
la commedia noir intimista di esplicita ispirazione postmoderna dal
titolo La canarina assassinata,
prodotta dalla Movie Factory e distribuita a Roma (cinema Metropolitan) e a
Torino (cinema Empire). Il soggettista che l’ha pensata, infatti, non è
riuscito a vedere conclusa la sua opera, portata poi sulla scena con una
forte dose di grinta - ma non senza una delicata spontaneità - da Daniele
Cascella, che debutta alla regia con un lavoro evidentemente per il cinema,
ma allo stesso tempo sul cinema. Sì, perché siamo di fronte proprio ad una
di quelle che si è soliti definire in gergo mise en abime, cioè di
spettacolo nello spettacolo, rappresentazione della finzione all’interno di
un altro meccanismo spettacolare che lo contiene a sua volta e che ancora in
questo caso si rivela ambiguo, pronto a rivoltarsi cambiando tutte le carte
in tavola proprio quando avevate creduto di attribuire un ruolo a ciascuna
“pedina” e di riuscire a incastrare nella categoria dei vinti tutte le
figure apparentemente deboli e in quella dei vincitori tutti i potenti. Sono
davvero le carte, più precisamente i tarocchi, le chiavi di volta per
riuscire ad afferrare la vera fabula di questo film dalla struttura
complessa come quella delle matriosche: se la sinossi potrebbe apparire come
la più scontata e ripetitiva della storia di tutti i tempi, cioè quella
autoriflessività che vede un regista italiano alle prese con le difficoltà
economico produttive della realizzazione effettiva di un film e che si
trasferisce per le riprese nella villa della ricca signora Anna (Caterina
Vertova), non si immagina neanche quanto conti ciò che il Bagatto ha
organizzato per tutti gli altri. Qui si vede da subito senza capire il
perché il maggiordomo (Paolo De Vita) diriga come un regista, mentre il vero
regista, Franco, interpretato da Ignazio Olivia, oscilla tra le pretese
dell’arrampicatore sociale e produttore Ravelli (Bruno Armando) e i
suggerimenti onirici della splendida figura del vero “Dio del cinema”, un
Remo Remotti nel suo stesso ruolo. Questa figura astratta e forte spalanca
un inizio film di surreale derivazione pasoliniana nel condurre il ragazzo
all’interno della sala di un cinema Paradiso deserto, come metafora della
desolazione del paradiso dei veri registi italiani. Come in
Uccellacci uccellini (1960)
l’idea si rende materia concreta al punto da far esordire il becchino
Preziosi (Ciro Sacalera) con la frase “è
arrivata l’ora!”, al momento del suo incontro con Ravelli. E c’è ancora una
volta Pasolini nella presenza molteplice dei tableaux vivants che
intervallano le scene centrali del primo atto, immagini ferme come dipinti
che raffigurano la villa nella sua icona statica, in contrapposizione a come
invece essa ci appare osservandola dall’interno, con una macchina da presa
che rompe i muri e attraversa le stanze sul modello dello stile del grande
regista Jean Renoir ne La regle du
jeau (1936) in cui sempre il gioco di ruolo appariva di rilevanza
centrale. Non va ignorata l’importanza dei manifesti dei grandi classici
sullo sfondo e il chiaro riferimento felliniano, ripreso poi nella scena del
provino di Pamela (Chiara Arancini), attacco pungente al trionfo
dell’ignoranza che impera nel mondo dello spettacolo in Italia, quel mondo
nel quale si va avanti spesso per raccomandazione a discapito della
meritocrazia, quel mondo nel quale purtroppo, come dichiara apertamente
Ruggero (Michele De Virgilio) «…capita a molti di essere depressi nel nostro
lavoro, dalle stelle alle stalle».
28:10:2008 |
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la canarina assassinata
Regia Daniele Cascella |
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