
Scopertosi incredibilmente in possesso
della facoltà di modificare determinati avvenimenti del proprio passato, il
giovane Evan decide di servirsene per eliminare i guai attuali: prendendo
spunto dai diari scritti da bambino, e facendo tesoro del senno di poi, pone
rimedio ad antiche disavventure per annullare le loro nefaste ripercussioni
sul presente, salvo scoprire in un secondo tempo che per ogni cambiamento in
meglio si verificano ogni volta imprevedibili sconvolgimenti negativi nel
corso degli eventi; come potrà ora fermare la temibile reazione a catena che
ha involontariamente innescato?
Un’idea tutt’altro che nuova (memorabile l’episodio PROFILE IN SILVER della
seconda serie di AI CONFINI DELLA REALTA’, nel quale il salvataggio di J.F.
Kennedy da parte di un uomo a conoscenza del futuro fa insorgere una grave
crisi mondiale, tale da indurre il presidente stesso a tornare indietro nel
tempo per sacrificarsi ed evitare il peggio) viene aggiornata da Eric Bress
e J. Mackye Gruber (quest’ ultimo guarda caso già visto dalle parti di FINAL
DESTINATION 2) grazie ad un espediente inedito che le dona nuovo vigore: il
prodigio questa volta non è dovuto ad un’improbabile macchina del tempo, né
alle sempre affascinanti smagliature temporali, bensì ad un’alterazione
cerebrale geneticamente trasmissibile che il protagonista ha ereditato dal
padre. Una soluzione più prosaica soltanto in apparenza, alla quale i due
quasi esordienti autori si affidano ad oltranza per costruire una vasta
gamma di realtà alternative, mettendo una ottima computergrafica a completo
servizio della sceneggiatura (e non viceversa, come spesso purtroppo accade)
e ricomponendo alla fine tutte i pezzi del puzzle con ammirevole coerenza
dopo averci abilmente giocherellato per quasi due ore; l’esperimento
inciampa soltanto in una fotografia quasi televisiva, per nulla all’altezza
di tutto il resto, e nella recitazione dei piccoli attori che impersonano i
protagonisti ai tempi dell’adolescenza, ma ad elevare il giudizio finale ci
pensano anche alcuni suggestivi brani della colonna sonora e l’ottima
prestazione dei due protagonisti principali (Amy Smart, in particolare, è
davvero strepitosa).
Molto più lineare dell’ancora inedito DONNIE DARKO, un prodotto per alcuni
versi analogo ma di gran lunga più ermetico, THE BUTTERFLY EFFECT non ha in
verità nulla da spartire con IL SESTO SENSO, THE UNBREAKABLE e SEVEN (se non
per il fatto che alcuni spezzoni di quest’ultimo vengono mostrati nel corso
di una sequenza ambientata in una sala cinematografica), al contrario di
quanto i soliti dissennati strilli che risaltano sulla locandina italiana
vorrebbero invece slealmente far credere; non si tratta purtroppo degli
unici danni arrecati dai distributori nostrani, che l’hanno infatti doppiato
da cani per circa metà della durata, ma il film resta per fortuna un
prodotto ampiamente godibile. La visione è comunque sconsigliata ai più
impressionabili, per via di alcune scene iniziali che fanno sobbalzare sulla
sedia come raramente accade.
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Voto:26/30
01.03.2004
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