buried - sepolto

di Rodrigo Cortés
con Ryan Reynolds, Stephen Tobolowsky

Altri interpreti: José Luis García Pérez, Robert Paterson

di Mattea Olimpia DI FABIO

 

30/30

 

BURIED è un’esperienza fisica, un film d’azione dentro una cassa di legno dove l’autotrasportatore Paul Conroy (Ryan Reynolds) si ritrova dopo un’imboscata in Iraq. Per ottenere il riscatto, il rapitore concede alla vittima una matita, un accendino e un cellulare. Ma il vero nemico non è l’aria che manca, la sabbia che penetra e nemmeno il rapitore. Il nemico numero uno è la mediocrità umana. Il civile Conroy rimane per i cosiddetti “terroristi” un soldato così come il cittadino Conroy rimane per il sistema cosiddetto “assicurativo” americano un numero di previdenza sociale. Sotto terra l’uomo Conroy non ha altra scelta che affidarsi al mondo là fuori, al mondo là sopra. Quella fisicità compressa nello spazio angusto della bara si scontra allora con un qualcosa di terribilmente astratto. Il cellulare è la nota nera e sarcastica che complica la comunicazione fino a negarla accentuando quel senso di prigionia e di soffocamento per ciò che non si comprende. Scatta l’empatia tra lo spettatore e il protagonista e si corre con lui, nella cassa, per almeno 250 km, a un ritmo sfrenato, quasi da commedia.

La sceneggiatura di Chris Sparling, che nel 2005 si era già cimentato con l’indipendente AN UZI AT THE ALAMO, è perfetta. Una trasposizione cinematografica sembra però impossibile. Come fare di Paul Conroy un Indiana Jones e di una cassa di legno grezzo uno spazio dove non fermarsi mai? Il regista 37enne Rodrigo Cortés, al suo secondo lungometraggio dopo THE CONTESTANT (CONCURSANTE, 2006) presentato a Viareggio e il corto da record con 57 premi in Spagna 15 DAYS (2001), ce lo spiega in conferenza stampa alla Casa del Cinema di Roma il 6 ottobre e con maggiore dovizia di particolari il giorno seguente a Cinecittà, durante l’incontro con i ragazzi della NUCT - Scuola Internazionale di Cinema e Televisione.

Fondamentale per poter vincere la sfida tecnica rappresentata dalla realizzazione di BURIED, è stato dimenticarsi del buon senso eludendo la logica. è lo spazio filmico e non quello fisico che conta. Così vale per il tempo. La loro dimensione fisica è sostituita da quella filmica che permette di muoverti in una cassa come in una strada di Los Angeles o nella giungla selvaggia. “La gente deve uscire dal cinema con la voglia di un massaggio” perché mentre i primi momenti sono claustrofobici, dall’ottavo minuto le pareti della cassa esplodono e non importa dove siamo, ma dove andiamo.

Fondamentale è stata la lezione Hitchcockiana di PRIGIONIERI DELL’OCEANO (LIFEBOAT, 1944), girato interamente su una barca, di NODO ALLA GOLA (ROPE, 1948) con la sua unica sequenza in tempo reale e di INTRIGO INTERNAZIONALE (NORTH BY NORTHWEST, 1959) con il suo ritmo incessante.

Molte le domande da parte dei giovani della NUCT che omaggiano il regista con tre cortometraggi e che incuriositi chiedono della preparazione dello “Stradivari” Reynolds, delle difficoltà tecniche incontrate, del budget di nemmeno 2 milioni di dollari e dell’utilità o meno di frequentare una scuola di cinema. “La scuola è un luogo importante per l’incontro e il confronto, ma c’è una cosa pericolosa nelle scuole: il rischio di non sapere cosa c’era prima del 1982. A volte si conosce solo la propria generazione”. E in effetti quando si accenna all’arrampicata mitica de I CANNONI DI NAVARONE di J. Lee Thompson (THE GUNS OF NAVARONE, 1961) c’è il vuoto. “Non ci sono regole precise. C’è solamente un criterio personale” che ti permette di raccontare una storia come questa attraverso la luce (e in una bara le differenze di luce le devi inventare: dall’accendino al cellulare alla lampada), la cronologia serrata delle riprese (senza mai utilizzare lo zoom digitale ma quello ottico), i microdettagli (un particolare può trasformarsi in una montagna e il viso sudato di Reynolds diventa la Monument Valley) e le soluzioni tecniche (come disegnare 7 bare differenti per adattare le azioni e i movimenti dell’attore). Un crirterio personale che ti permette di ottenere il risultato finale: la rappresentazione verosimile del reale.

Girato in 17 giorni (con una media di 30 scene al giorno!) e montato in 5 settimane dal regista stesso perché “i tagli sono la chiave del film”, interpretato da una star canadese che “ha messo da parte la vanità”, girato 2 metri sotto Barcellona, distribuito in tutto il mondo in milioni di copie, BURIED è salvo dalla mania americana del remake poiché per sua natura già lo è. Il punto per Cortès è come fare un buon film, non dove farlo. Hollywood è solo un posto come Roma o Madrid sono solo città. La grandezza di una storia dipende dalla sua sostanza non dalla vastità di un paesaggio o dal numero dei personaggi come la qualità di un film dipende dallo studio che c’è dietro, dalla capacità di trovare soluzioni adeguate usando di volta in volta tutti i mezzi possibili che il cinema offre mantendo il controllo dell’intero processo creativo, vera e propria (e giusta) ossesione del salmatino Cortès.

 

16:10:2010

buried
Regia Rodrigo Cortés

Stati Uniti 2010, 90'

DUI: 15 ottobre 2010
Thriller