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Distribuito in Usa prima in dvd che in sala, BUBBLE è film attorno al quale vale la pena di parlare, per quanto sopravvivano, in chi scrive, i dubbi sulla sincerità di fondo del regista. Motivo di ciò, la predisposizione al continuo, camaleontico e adattativo cambio di registro: un caso unico di autore-plastilina, plasmabile dalle major, "concavo" rispetto alla convessità di stimoli esterni passeggeri (Dogma, nuovi formati, remake di sacri film del passato) e, in definitiva, ancora incapace di produrre e proporre idee di cinema veramente originali. L'esordio del 1989, SEX LIES AND VIDEOTAPES, metteva sul tappeto almeno due degli elementi-chiave del modo di porsi di Soderbergh verso il media di riferimento: bugie e formati anomali. Trasversalità dei formati e una palese tendenza a cavalcare l'onda del momento, quale che sia, mentendo in quanto a onestà intellettuale. Qualunque sia il film di Soderbergh, lo spettatore è sempre al centro di un inganno, che procede per scatole cinesi: inizio originale, primo tempo disseminato di topoi registici che fanno pensare a un'intelligenza vivace, tranche iniziale del secondo ricca di citazioni sempre meno tenute a bada, crollo finale, con definitivo svelamento dell'operazione di riciclaggio contenutistico e/o visivo. è come se il cinema di S. riproponesse in loop il senso della scena di DR.STRANGELOVE, quando Peter Sellers fatica a controllare il braccio tardo-nazista (la propria vera natura non è dissimulabile).
Che cos'è mai BUBBLE? L'ennesimo documentario di questi anni mooriani, ma dotato di intreccio e condivisione di un sentimento di perdono verso il colpevole, che però è anche vittima della società? O un excursus vontrieriano all'interno di una dogville americana dove tutto è correttamente brutto, meno i due ragazzi, buoni per trailer e riviste? O un kasparhauser senza un millilitro di sangue herzoghiano? O un elephant senza la nettezza teorica dell'originale? O un dancer in the dark senza l'unica cosa buona, cioè il musical operaio? O un qualunque north country solo un po' più asciutto?
La peculiarità soderberghiana è quella di arrivare sempre "dopo" che altri hanno seminato idee, quindi di tentare una rivisitazione delle suddette idee che consenta alla critica di coglierne la "capacità di stare al passo coi tempi". BUBBLE si lascia guardare, segue un ritmo-non-ritmo ben cadenzato, smuove le coscienze con un colpo di tosse e si chiude in fretta, ma, al solito, con una fretta studiata, innecessaria, calcolando a tavolino la quantità di brusìo da generare in sala, col solo scopo di far parlare di sè. La vicenda è quella di una povera operaia in fabbrica di bambole, protagonista di evento delittuoso generato da non dichiarati sentimenti verso giovane collega e conseguente risentimento per ragazza neo-impiegata, colpevole di scompaginare pregressi e assestati equilibri relazionali. Il tratteggio delle varie personalità sembra ben riuscito, laddove peraltro il mutismo passivo che le accomuna e l'atteggiamento rinunciatario verso un'esistenza evidentemente priva di sbocchi sanno, more solito, di programmatico. Così come il calibrato alternarsi di dettagli documentaristici (le nature morte dei macchinari organizzate in teorie d'immagini-con-rumore, i piani ravvicinati sulla gomma in fieri delle bambole) e racconto sommesso di un'umanità appoggiata alla vita, prima convincono, poi risultano disfunzionali all'evolversi dei fatti. Il personaggio del ragazzo è, a questo proposito, esemplare: se partiamo da un approccio realistico, sarebbe naturale aspettarsi, anche dalla coscienza più statica, un segno di vita nel momento cruciale della vicenda (nuovi sguardi, nuove parole), mentre il persistere su registri di basso continuo denuncia chiaramente una direzione degli attori che impone artatamente una sorta di canone interpretativo adeguato (secondo Soderbergh) al genere della pellicola. Il sospetto è che sia S. stesso a stancarsi dei suoi esperimenti, che attraversano trasversalmente la totalità delle categorie cinematografiche, mentre sta ancora girando. Si ricordi a proposito anche FULL FRONTAL, il più irritante dei suoi film. O l'imbarazzante remake di SOLARIS e persino il sopravvalutatissimo TRAFFIC. In definitiva, se possiamo assolvere il film, non possiamo non continuare a rimarcare l'attitudine velleitaria di un regista che non sarà mai Autore.
Voto: 22/30 06/06/2006 |
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