Borat
Studio Culturale sull’America a beneficio
della gloriosa nazione del Kazakistan
di Larry Charles
Con Sacha Baron Cohen

di Marco AGUSTONI

Parlare di BORAT al di là dell’hype che ha circondato la pellicola negli ultimi mesi, al di là della sovraesposizione mediatica che, nel bene e nel male, ha contribuito a noi italiani di emettere un (pre)giudizio sul film mesi prima che uscisse nelle sale. Non farsi vincere dalla tentazione di osannarlo, in virtù del successo ottenuto, ma neanche di criticarlo a priori, per quella sorta di antipatia spontanea che capita di sviluppare nei confronti dei successi annunciati.
Ma procediamo con ordine. BORAT è il (finto) reportage sulla “gloriosa cultura americana” del giornalista kazako Borat Sagdiyev, interpretato dal comico inglese Sacha Baron Cohen, già celebre per il suo personaggio televisivo (ma trasposto anch’esso su grande schermo) Ali G.
Accompagnato dal suo produttore, il grosso e irsuto Azamat (Ken Davitian), Borat intraprende questo viaggio negli USA sperando di poter insegnare qualcosa ai suoi compatrioti - dipinti come sporchi, ignoranti e superstiziosi - sul modo di vivere statunitense. Razzista, misogino, nazionalista e scorretto oltre ogni misura, il giornalista non manca di mettere in imbarazzo o di stupire chiunque incontri sulla sua strada da New York a Los Angeles, dove spera di rintracciare e sposare (alla maniera kazaka) Pamela Anderson, di cui si è innamorato vedendola nel ruolo di CJ nel telefilm Baywatch, dimenticandosi dello scopo principale del suo viaggio.
Per quanto buona parte del film sia costituito da parti di “fiction”, alcune interviste ed interventi di Sacha Baron Cohen sono stati effettivamente girati “dal vero”, in puro stile Gonzo, con interlocutori ed astanti ignari di trovarsi vittime di una burla. Come risultato, queste persone reagiscono alle volte stizzite, alle volte perplesse, altre ancora approvando le uscite politically uncorrect del finto giornalista.
Il punto è che, negli intenti di Baron Cohen, Borat avrebbe dovuto riflettere i (malcelati) pregiudizi, le meschinità e i difetti della cultura americana, fintamente aperta e liberale. Alle volte non ci riesce come avrebbe probabilmente sperato, ma altre coglie in effetti i suoi interlocutori con le mani nel sacco. Notevole, a tal proposito, la scena in cui si offre di presentare una gara di Rodeo, in Virginia, e improvvisa un discorso a favore della guerra in Iraq in cui “si augura che il Signore della Guerra George W. Bush possa bere il sangue di ogni uomo, donna e bambino sul suolo iracheno”, fra le iniziali urla di acclamazione della folla. Soltanto andando avanti nel suo discorso, susciterà nell’audience perplessa il dubbio di essere presa in giro, per essere poi esplicitamente fischiato ed insultato mentre intona il finto inno del Kazakhistan, una versione nazionalista e razzista dell’inno americano.
Con il suo stile dimesso da “documentario povero”, il film colpisce piacevolmente per l’originalità, suscitando a tratti risate sincere, pur scadendo ogni tanto in qualche battuta grossolana che poteva essere evitata. Lo stesso Baron Cohen, con il suo personaggio di Borat, si costituisce quale “corpo comico” che, con le espressioni stralunate, i modi di dire e la pronuncia improbabili, fa ridere di per sé, senza quasi bisogno di altro. In alcuni momenti il film si perde in conversazioni o interviste senza particolare senso o interesse, che rischiano in più punti di compromettere il ritmo sostenuto del film. Ma alcune scene sono davvero esilaranti nella loro demenzialità e, bisogna ammetterlo, difficilmente ci saremmo immaginati di poterle vedere su grande schermo.
Dal punto di vista del contenuto sociopolitico della pellicola, è necessario infine fare un paio di notazioni.
Cohen ed il regista Larry Charles sono riusciti a creare un film critico nei confronti degli Stati Uniti, e allo stesso tempo a renderlo appetibile per un pubblico americano. Chissà poi se se quest’ultimo avrà modo di digerire ed assimilare il boccone o finirà semplicemente per masticarlo e risputarlo come nulla fosse.
Bisogna infine sottolineare che, per quanto si tratti di una produzione americana, Sacha Baron Cohen rimane comunque un comico inglese. Facile quindi criticare gli altri… sarebbe forse allora stato opportuno coinvolgere, in qualche misura, anche quella Gran Bretagna (e quella parte di Europa) che troppo docilmente si adatta ai capricci dell’alleato di Oltreoceano.
 

Voto: 25/30

20:02:2007

Borat: Cultural Learnings of America for Make Benefit Glorious Nation of Kazakhstan
Regia: Larry Charles
USA 2006, 86'
DUI: 02:03:2007
Genere: Commedia, Demenziale