Il giovane Tim (Watson) ha un buon lavoro e una fidanzata che lo ama (Musett),
ma dei terribili ricordi gli impediscono di condurre una vita del tutto
normale: una notte, quando era bambino, vide suo padre venire ucciso da una
forza misteriosa. Dopo aver appreso della morte della madre, impazzita in
seguito a quei tragici eventi, Tim decide di tornare nella casa dove è
cresciuto, e di affrontare una volta per tutte i suoi inconfessabili timori.
E se il protagonista indiscusso delle nostre più recondite paure infantili
esistesse veramente? Uno spunto narrativo non certo originale (evidenti le
influenze, fra gli altri, di Stephen King) ma dalle indubbie potenzialità
suggestive. Potenzialità che Kay (L’ULTIMA VOLTA CHE MI SONO SUICIDATO, LA
VENDETTA DI CARTER) spreca malamente nonostante una confezione più che
dignitosa (funzionale la fotografia monocromatica di Bobby Bukowski,
coinvolgenti alcune sequenze di montaggio). Le colpe maggiori sono da
attribuire ad una sceneggiatura a groviera (firmata da Juliet Snowden,
Stiles White ed Erik Kripke a partire da un romanzo di quest’ultimo) che si
perde in inutili tentativi di spiegare l’inspiegabile e non sa come
utilizzare i personaggi di contorno. Kay, da parte sua, costruisce bene la
suspence senza mantenere mai le promesse, e alla fine opta imperdonabilmente
per la visualizzazione dell’orrore, scivolando all’improvviso, complici
degli effetti speciali da film-tv, nella serie C. Prodotto da Sam Raimi.
A meno che non facciate Kay o Watson di cognome, sarebbe opportuno evitare.
Voto: 17/30
14:07:2005 |