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BOBBY di Emilio Estevez Con Elijah Wood, Demi Moore |
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Emilio Estevez ha girato un film à la Altman, si è detto. E in parte è vero;
l’unica differenza è che l’Altman di oggi (quello dell’avvilente RADIO
AMERICA) un film così non sarebbe probabilmente in grado di girarlo. Di più:
per quanto suoni blasfemo anche solo pensarlo, lo stato di fossilizzazione
cui è giunto il cinema di Altman ci permette di sostenere senza troppe
remore che Estevez ha girato un film come Altman non ne gira più da un bel
pezzo. Certo, a Estevez mancano del tutto la spietata ironia e lo sguardo
feroce che il Maestro esibiva nella sua età aurea; ma BOBBY intraprende
deliberatamente una strada diversa, in cui prevale – che piaccia o no – il
piacere di raccontare piuttosto che l’urgenza di additare e di mettere alla
berlina. Ecco il motivo per cui Altman si preoccupa di mantenere lo
spettatore ben distante dai suoi personaggi, mentre Estevez lavora
esattamente nel senso opposto: BOBBY vive del fascino inesplicabile che
circonda un certo tipo di configurazione narrativa a focalizzazione interna,
ovvero il grande evento storico visto dagli occhi della gente comune.
Chiamatelo banalità, chiamatelo furbizia, fatto sta che l’identificazione
spettatoriale (e dunque la possibilità stessa per il soggetto guardante di
entrare nel film e renderlo vivo) in questi casi risulta sempre favorita
quando non incoraggiata. Questo “invito ad avvicinarsi” che il film offre
allo spettatore si risolve in una assonanza di emozioni, in una empatia a
cui il pubblico in sala non può restare indifferente. È questo ciò che
chiede BOBBY: Estevez ricerca con vigore e sincerità un comune sentire sulle
cui note far vibrare all’unisono le emozioni degli spettatori. E ci riesce,
perché – inutile dirlo – lo sgomento di fronte all’immane portata
dell’evento storico, il brivido incontrollabile che percorre la schiena del
testimone – di chi c’era – sono gli stessi che hanno attraversato le nostre
coscienze ogniqualvolta ci siamo trovati davanti a un avvenimento più grande
di noi, di fronte al fardello di un lutto troppo pesante per poterlo
esprimere a parole. Ecco allora la bellissima sequenza finale del film, con
il gesto istintivo di portarsi la mano alla bocca, l’incapacità di
articolare parole, il vagare con lo sguardo perso nel vuoto, la rabbia per
un sogno infranto. Perché il film di Estevez è anche questo, il piccolo
racconto della morte di una grande narrazione, quella del sogno americano:
in un momento storico – quello attuale – in cui è obiettivamente arduo
pensare qualcosa di positivo del “sogno americano” (e a ragion veduta
dubitiamo ormai della sua stessa esistenza), BOBBY prova a ricordarci che
questo sogno una volta esisteva, ed era un sogno di libertà, uguaglianza e
speranza. Voto: 27/30 07:09:2006
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