Prodotto dai Manetti Bros e da Sergio Stivaletti, IL BOSCO FUORI è l'esordio
alla regia di un lungo di Gabriele Albanesi e segna una tappa importante
nella ricostruzione di un movimento di cinema indipendente in Italia. Girato
con mezzi e modalità da indie vero, il film di Albanesi, pur con i difetti
di cui diremo in seguito, costituisce un esperimento coraggioso e
fortunatamente non isolato; accanto a Bianchini, per ora frenato da tendenze
eccessivamente regionalistiche, Zuccon, di cui attendiamo il prossimo COLOUR
FROM THE DARK, e pochi altri, Albanesi entra a buon titolo nella manciata di
registi italiani di genere lontani dall'età pensionabile. Certo, a essere
sinceri, c'è chi l'horror indipendente lo fa meglio di noi (i francesi con
ILS e MALEFIQUE, ad esempio, ma anche il bellissimo film belga CALVAIRE),
ma, se è vero che l’Italia rimane sempre indietro, in questo campo non si
può dire che non stiamo guadagnando terreno.
IL BOSCO FUORI racconta di due fidanzati, appartatisi ai bordi di una strada
di campagna, che vengono assaliti da una banda di malintenzionati (tre
coattoni impasticcati, a dire il vero) che aggrediscono lui e tentano di
stuprare lei. Salvati da una coppia di passaggio, i due ragazzi scopriranno
di essere finiti nelle mani di una famiglia di cannibali sadici che abita in
fondo al bosco. A ben vedere, la declinazione dell’horror rurale di Albanesi
sembra derivare più dal Deodato de LA CASA SPERDUTA NEL PARCO che da Hooper
che, pure citato in un paio di sequenze, non sembra aver formato il regista
quanto la scuola horror italiana di qualche decennio fa. Se proprio si cerca
un riferimento oltreoceano, questo sembra poter essere il Craven de L'ULTIMA
CASA A SINISTRA, i cui villain, Krug e la sua banda di spostati,
hanno evidentemente ispirato i tre tamarri in acido de IL BOSCO FUORI.
Albanesi conduce con mano sicura una sceneggiatura che avrebbe giovato di un
approccio meno strettamente cinefilo (le citazioni sono troppe e a volte
menomanti per la storia) e di attori più in parte. Se è vero che per questo
genere di film in Italia manca spesso il materiale umano adatto, bisogna
però riconoscere ad Albanesi e Stivaletti, anche direttore degli effetti
speciali, di aver saputo sopperire a questa lacuna con copiose dosi di
materiale organico. Eviscerazioni e bubboni esplosivi non mancano e la
portentosa quantità di sangue che copre mura e pareti nel finale è il
naturale completamento di un racconto che scivola nel delirio.
Sarebbe disonesto pensare a IL BOSCO FUORI come a un capolavoro. Al film di
Albanesi mancano le forze necessarie per segnare da solo la (ri)costruzione
di una sensibilità estetica e narrativa oggi estinta nel panorama del cinema
italiano. Eppure IL BOSCO FUORI ci è parso un buon inizio e, soprattutto, un
film in cui si può credere senza passare per ingenui o nostalgici.
Voto: 28/30
23:08:2007 |