da 63ma mostra del cinema di venezia

BELLA SEMPRE

di Oliver Stone
Con Bulle Ogier, Michel Piccoli

di Marco GROSOLI

 

Il sequel di Bella di giorno di Bunuel. L'invecchiato signor Husson (interpretato ancora dal grandissimo Michel Piccoli) riincontra Séverine, la “bella di giorno” di 40 anni prima, un tempo moglie del suo miglior amico e dedita segretamente alla prostituzione fino alla morte di lui. Ancora una volta, lei lo fugge. Lui si rifugia nell'alcool, raccontando la bizzarra vicenda di lei a un impassibile barista, mentre rifiuta la corte di due prostituta: preferisce guardare il quadro di un nudo femminile di schiena attaccato alla parete. Riesce a invitare Séverine a cena. Lei è decisa a sapere: la lacrima che ha visto sull'ultimo sguardo del marito poco prima che morisse, era dovuta al fatto che Husson gli aveva rivelato le nefandezze della moglie?
Il genio lusitano colpisce ancora, e firma la somma assoluta delle sue saltuarie frequentazioni bunueliane (La caccia, Party...). Husson sogna “la donna”, l'amazzone tutta d'un pezzo che ama rimirare nelle statue davanti all'hotel Regina o nelle statuette a casa sua. Ma, come le prostitute e come il quadro nella parete del bar, la donna (Séverine) è sdoppiata e nascosta, spaccata a metà tra l'amore e l'indifferenza (per il marito morto) come Husson sdoppia lei nel suo modello e nella vera Séverine. Perciò il loro incontro andrà a finire male: entrambi cercano nell'altro un'integrità, un'identità unilaterale, una rassicurazione unitaria, e trovano ancora la stessa propria doppiezza.che provano a nascondersi.
“La donna è il più grande mistero che ci sia al mondo”, ci dice Husson. Oliveira prende da Bunuel la fatale incompatibilità tra i sessi e la continua “fuga” del femminile verso l'inafferrabile (il punto di vista è e rimane esplicitamente, dunque onestamente, maschile). Non gli interessa neanche più di filmare una trama né un “racconto” retto dal potere della parola, perché il racconto di Husson al barista (e, potenza dell'inquadratura oliveriana, davanti allo specchio), in cui dissimula la sua innocenza quando invece sappiamo dal film di Bunuel che è lui quel “miglior amico” di cui si parla, si regge sugli stessi meccanismi della sessualità sadomasochista di Séverine: sdoppiamento, rimozione, nascondimento. Un dialogo tra sordi (e dunque monologo allo specchio), perché, come il barista ripete due volte, se è a lui che Husson racconta tutto questo è precisamente perché lo sente senza ascoltare. Se il desiderio e il racconto sono dunque “la stessa cosa”, la stessa impasse invalicabile, la sovrana, ironica leggerezza di de Oliveira consiste nel filmare la nostra placida sopravvivenza a quelle chimere: il puro e semplice passare del tempo che si srotola davanti ai nostri occhi in un trasognato concerto orchestrale, in una timida rincorsa tra due anziani, nell'attesa dell'invitata a cena, durante una cena ripresa in tempo reale quasi tutta in piano medio di profilo, nel consumarsi lento delle candele dolcemente accompagnato dalla macchina da presa.
Oliveira filma l'unica cosa che ci sfugge più del desiderio (e delle parole): il tempo, della cui fluidità possiamo solo illuderci, dato che è puntellato di sublimi, bunueliane parentesi surreali – che non riveliamo, rimandando alla visione di questa eccezionale opera del quasi centenario cineasta portoghese.
 

Voto: 30 e lode

09:09:2006

 

Tutte le recensioni di Venezia 2006

BELLE TOUJOURS

Portogallo 2006, durata 68'

Regia: Manoel de Oliveira
Data uscita in Italia: 08 settembre 2006
Genere: drammatico