Sono
passati 39 anni da quando la borghese Severine, protagonista di
Bella di giorno di Luis
Bunuel, si concedeva nelle case di piacere parigine, sublimando l’amore per
il marito nel piacere masochistico di tradirlo con sconosciuti. Il suo
mentore Husson, unico detentore del suo segreto, la incontra casualmente a
un concerto. E la invita a cena.
Probabilmente il colpo di coda del film consiste, giustamente, nel finale,
atteso, tradito. Dopo la memorabile, lunga, sequenza della cena dei
“chiarimenti”, dei sommovimenti di agitati animi a cui prestano voce silenzi
e rumori d’ambiente, si attende il finale, probabilmente l’unico, vero tocco
bunueliano: quando la conversazione è in procinto di decollare De Oliveira
conclude bruscamente, lasciando che il mistero resti tale. Titoli di coda.
Anche palesemente omaggiando un illustre collega, De Oliveira resta fedele
allo stile unico, riconoscibile e irripetibile del proprio cinema,
confezionando una pellicola nostalgica, partecipe, ironica.
è tipicamente del regista
portoghese il bloccare i protagonisti in sospensioni temporali dilatando gli
istanti all’infinito: come durante il concerto iniziale di musica classica,
o i dialoghi tra il barista e Husson, che finiscono per risultare tappe
provvisorie prima che il gesto diventi dominante. Un altro tentativo,
quindi, da parte del regista, di rincorrere e cristallizzare il tempo. Ma a
tutto questo De Oliveira ci aveva abituati già da moltissimi film, per cui
sovviene l’interrogativo se tale omaggio fosse necessario. Probabilmente è
necessario per l’autore, ma forse non per lo spettatore che, sì, si diverte,
ma nulla più. Di fronte, poi, all’inserimento di alcuni elementi buñueliani
(come il gallo e la scatola dal misterioso ronzìo) ci si chiede anche se De
Oliveira abbia un po’ calcato la mano nel disegnare la sua ironia, mettendo
in atto il suo ennesimo, evidente, sberleffo. Per quanto BELLA SEMPRE
risulti godibile, ciò che probabilmente manca alla pellicola è proprio
quella spinta di necessità a guardare un film nato dalla volontà di rendere
tributo al maestro spagnolo. Divertimento personale, forse, da parte di De
Oliveira il quale, dall’alto dei suoi novantotto anni, può permettersi
questa e altre detours cinefile, consapevole di non creare capolavori come
quelli passati, ma di riuscire comunque a dilettare per poco più di un’ora
(anche la durata della pellicola è azzeccata) gli spettatori.
Voto: 25/30
09:10:2006
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