bella addormentata

di Marco Bellocchio
con Toni Servillo, Maya Sansa

e con Isabelle Huppert, Gian Marco Tognazzi

Marco Grosoli

 

30/Lode

 

Il capolavoro biopolitico che ci si attendeva, è puntualmente arrivato. Marco Bellocchio ha perfettamente compreso che nessun avvenimento può racchiudere l'era-Berlusconi da cui l'Italia è appena uscita (?) meglio del caso di Eluana Englaro: nulla definisce quel tipo di potere politico e i suoi abusi meglio della separazione della Vita con la V maiuscola dall'arena sociale, quella stessa separazione che Giorgio Agamben e l'assai meno convincente vulgata cosiddetta biopolitica che ne è derivata (e che ha reso assai vendibile il pensiero filosofico italiano anche all'estero), si sono per decenni affannati a denunciare.

Il caso Englaro costituisce, infatti, il centro assente della bella addormentata: attorno ad esso si muovono diverse vicende (un senatore del PDL indeciso se votare la legge sul fine-vita, la figlia attivista anti-eutanasia, il suo fugace amante su posizioni politiche opposte col fratello fanatico, un'attrice famosissima che si ritira dalle scene per assistere la giovane figlia in coma, una tossica che un medico coscienzioso vuole salvare) tutte strette assieme dalla preziosissima linfa vitale della contraddizione, quella contraddizione la cui incandescenza è la condizione stessa perché un racconto, così come una vita (ma il film, fra l'altro, arriva a convincerci che l'uno e l'altra sono la stessa cosa), possano fregiarsi dell'aggettivo "politico/a".

È con superlativa abilità che il racconto muta impercettibilmente il proprio focus dal controllo della vita all'onnipotenza dell'Immagine (evidentemente l'aspetto fondante dell'era berlusconiana). Perché l'una è l'altra faccia dell'altra: la Vita è ritirata dall'arena politica affinché quest'ultima sia esclusivo appannaggio dell'Immagine. E il personaggio della Huppert, come prova "a contrario" di ciò, si ritira dai set cinematografici per mantenere in vita il ritiro dalla vita della figlia in coma, interpretando privatamente e tra le mura domestiche il ruolo principale della sua carriera, quello della Santa (l'Immagine è ritirata dalla sfera politica/pubblica affinché quest'ultima sia esclusivo appannaggio della Vita). Sempre per questa separazione vita/immagine funzionale a un'alienazione fondamentale dalla sfera del Politico, vediamo un gruppo di senatori pidiellini che tentano (come nello stellare Illibatezza di Rossellini) di aderire tanto fisicamente quanto vanamente alle immagini propagandistiche proiettate sul muro innanzi al quale posano per un foto. Ed è per questo, soprattutto, che in una scena sublime vediamo la porta del Senato aprirsi per lasciare intravedere tra gli stipiti non la monumentale aula, ma i pixel della ripresa televisiva di essa.

Nell'inestricabilità degli orientamenti del racconto (sanamente contraddittori) e delle sue componenti, così come nell'esibizione spudorata della recitazione sopra le righe quale dimostrazione palpabile del conflitto ineludibile ma anche dell'altrettanto ineludibile impasto tra vita e immagine, brilla la preziosissima carica utopica di una radicale ridiscussione dei rapporti tra pubblico e privato, una ridiscussione che sbaragli la separazione della Vita che ha fatto della politica unicamente una questione di Immagine, e che ci restituisca finalmente la sana conflittualità tra queste due dimensioni, senza la quale, anche dopo Berlusconi, non ci è né sarà possibile riprendere in mano alcunché, né la nostra Vita, né la nostra Immagine.

 

10:09:2012

prima pubblicazione festival di venezia  2012

bella addormentata

Italia 2012, 115'

DUI: 06/09/2012

Drammatico