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Algeri,
inizio del xx secolo. Un famoso avvocato rientra dalla Francia dove si
è recato per difendere gli insorti di Marguerite accusati di aver ucciso
sette europei. In camera da letto trova la moglie Eugenia (Balibar) morta
suicida e un biglietto: "Avec tout mon amour". L'eterea presenza dell'attrice
francese apre all'innocenza a cui il film volge sul piano narrativo, ideale
di libertà e giustizia cui i co-protagonisti, non senza affannno, ascendono
per naturalizzata forma mentis. Costruito secondo uno schema già vissuto
da Cristopher Nolan nel suo Memento, con l'inizio che diventa le fine
su di un piano temporale invertito che si sviluppa al contrario, il racconto
sviscera l'animo profondo e l'instabile divenire di ogni singolo personaggio.
Nei lunghi soliloqui per immagine che la regista propone vive lo spunto
riflessivo dell'intero lungometraggio, scavalcato nel tema principe della
colonizzazione francese e la conseguente ribellione degli oppressi dal
più importante messaggio di ricerca dell'identità del singolo individuo,
in specie se donna. L'Escriva scrive cosi' due sceneggiature per due binari
paralleli: al fallimento della coppia risponde il crollo del colonialismo,
alla presa di coscienza della protagonista la rincorsa del destino algerino
verso l'indipendenza A tratti cupo e monocorde, il film rivela spessore
nel gioco di corrispondenze tra il dentro - l'animo umano - e il fuori
dove esistono carrellate di verde campestre ed interni che imbavagliano
l'aria. E' qualcosa di più di un romanzo familiare, è quasi L'Amore che
non muore. E' ritrovare il cinema francese e la sua grande ma spesso non
compresa intensità. |
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Sandra SALVATO |
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