Perché un film italiano, finito di girare nel 2004, dichiarato di interesse
nazionale dal Ministero per i Beni Culturali, arriva nelle sale
cinematografiche – per rimanerci poi, con tutta probabilità, non più di una
settimana – solo ad inizio 2007?
Misteri del sistema distributivo italiano, che ha giudicato il film di
scarso interesse e, forse anche per i temi affrontati (il lavoro in nero e
lo sfruttamento degli immigrati), lo ha condannato ad un ostracismo
prolungatosi per due anni e interrotto ora per chissà quali circostanze
(forse l’intervento di qualche nume tutelare?).
È la sorte toccata ad APNEA, primo lungometraggio del veneziano Roberto
Dordit, responsabile di regia, soggetto e sceneggiatura del film. Girata
senza grandi mezzi, la pellicola si presenta come un noir a sfondo sociale,
ma tradisce da subito una vena di atipicità che ne rimette in discussione
l’attribuzione di genere. Statico, fatto di ritmi lenti e distesi, questo
“noir” si concede lunghi momenti di riflessione ed osservazione degli spazi
circostanti, soffermandosi spesso in funzione poetica sullo sguardo
malinconico di Claudio Santamaria. La tensione è tenuta al minimo per tutto
il corso della pellicola, e anche al culmine climatico della vicenda viene
attutita e per così dire anestetizzata dal ricorso allo slow-motion.
Il racconto si incentra sul personaggio di Paolo (interpretato per l’appunto
da Santamaria, su cui si regge buona parte del film), ex campione di scherma
riciclatosi come giornalista sportivo, che alla morte di un suo vecchio
compagno di squadra, Franz, scopre alcuni particolari che gettano una nuova,
inquietante luce sul suo amico di un tempo. Divenuto piccolo imprenditore
nel settore della conceria, Franz, come molti altri industriali del
produttivo Nord-Est italiano, si è dato allo sfruttamento del lavoro
immigrato per stare dietro ad un mercato sempre più competitivo e spietato.
Insospettito dalle stesse circostanze della morte, Paolo non riesce a darsi
pace e decide così di “tuffarsi” nell’ambiente ostile in cui è per così dire
affogato il suo amico. Nel farlo, si imbatterà nel losco industriale
Giordano (Elio De Capitani) e nei suoi due figli: Chiara (Michela Noonan),
ventenne inquieta, e Leo (Daniele Mauro), bambino semiautistico con cui il
giornalista riuscirà in qualche modo a entrare in contatto. E scoprirà che
un annegato, per quanto privo di identità, c’è veramente. Gli rimane solo da
scoprire in che modo la sua morte si lega con quella di Franz.
Questo “noir meditativo”, almeno in relazione ai mezzi a propria
disposizione, dà l’impressione di una buona cura registica e di scrittura,
sebbene non sempre i passaggi di montaggio e sceneggiatura risultino chiari.
Dal punto di vista del coinvolgimento spettatoriale, il film riesce invece a
sopperire alle poche emozioni sul piano dell’azione, con l’attenzione
dedicata ai personaggi e alle relazioni che si creano fra di essi.
Rimangono infine le tematiche sociali affrontate: APNEA non sembra riuscire
ad approfondire a sufficienza le questioni toccate, rischiando peraltro in
un paio di occasioni di scivolare nello stereotipo, ma contribuisce comunque
a fare sbirciare lo spettatore dalla serratura di un sistema lavorativo
privo di scrupoli, in cui la dignità umana viene sacrificata in nome di una
maggiore produttività.
Voto: 25/30
22:01:2007 |