L’arrivo di
Coppola a Busto Arsizio è coinciso con l’anteprima europea della
nuova versione (restaurata sotto la supervisione di Vittorio Storaro e
rimontata per l’occasione dal regista californiano) di ONE FROM THE
HEART, deliziosa anomalia nella variegata filmografia del poliedrico
regista, nonché pellicola “colpevole” di aver fatto fallire i neonati
(all’epoca) Zoetrope Studios e di aver condannato il proprio autore a un
forzato ridimensionamento: il film, siamo nel 1982, fu infatti un fiasco
clamoroso che rimase nelle sale per circa una settimana, prima della
decisione dello stesso Coppola di ritirarlo definitivamente.
Da allora il film si porta dietro un’aura negativa (la stessa che
avvolge film come HEAVEN’S GATE, WATERWORLD, ISHTAR e tantissime altre
pellicole dal fato avverso) che ha reso difficile un giudizio critico
anche da parte della critica più oggettiva.
Venti anni dopo, e a mente sgombra, è finalmente possibile giudicare ONE
FROM THE HEART per quello che effettivamente è: una pellicola con una
storia banale, senza pretese che però può contare su una realizzazione
tecnica da brivido, con una fra le migliori fotografie di sempre
(diretta da quello che probabilmente il migliore d.o.p. di tutti i
tempi, Vittorio Storaro )e un’azzeccata colonna sonora che comprende una
serie di duetti fra Tom Waits e Crystal Gayle.
Lo scopo dichiarato di F.F.C. era di omaggiare i grandi musical
dell’epoca d’oro MGM diretti da maestri come Donen o Minnelli,
raccontando una storia semplice attraverso sofisticatissime tecniche
usate principalmente nella televisione e nel teatro. Il fatto che la
pellicola sia girata interamente in studio (e il regista ha fatto
ricostruire al fedele Tavoularis oltre ad una luminosa Las Vegas, anche
l’enorme terminal di un aeroporto fittizio) e nell’Academy ratio 1.33.1
la dice tutta sulle intenzioni di Coppola.
Quello che ne scaturisce è una gioia per gli occhi; uno spettacolo
all’epoca senza precedenti (simile per certi versi alle moderne opere di
Baz Luhrmann, che non a caso è un grande fan del film in questione) che
coinvolge visivamente ma non (come vorrebbe suggerire invece il titolo)
emotivamente.
La relazione fra Hank (Frederic Forrest, ancora con Coppola dopo
APOCALYPSE NOW) e Frannie (Teri Garr) non è certo delle più
interessanti, e la sceneggiatura comunque non cerca neanche di
coinvolgere lo spettatore più di tanto: essendo però questo
fondamentalmente un musical (anche se non proprio convenzionale), il
problema non si dovrebbe neanche porre, eppure è proprio su questo
aspetto che si accanirono ai tempi i ferocissimi critici americani.
C’è da dire però che nel 1982 erano in molti a sperare che il Re cadesse
dal proprio trono: dopo una serie incredibile di successi e addirittura
il sogno di costruire una casa di produzione indipendente che potesse
rivaleggiare con le grandi Major, Coppola improvvisamente si trovava a
non essere più il benvenuto ad Hollywood (complice anche un carattere
troppo ambizioso e per niente remissivo).
Per quanto riguarda il film in se c’è ben poco da raccontare.
La pellicola, come già detto, è una di quelle che vanno vissute
(possibilmente sul grande schermo) e il recente lavoro di restauro ha
fatto sì che i suoni e colori uscissero quasi dallo schermo, riportando
alla memoria gli anni del mitico Technicolor. Le foto non rendono
infatti giustizia ai splendidi e onnipresenti giochi di luce e ombre. La
scelta di ambientare la vicenda a Las Vegas (anche se solo in studio)
permette poi a Tavoularis di sbizzarrirsi con oggetti di scena
stravaganti e neon intermittenti. Altro punto di forza (ma sarebbe
meglio forse parlare di elemento reggente) sono le musiche composte da
Tom Waits insieme a Crystal Gale: un misto di jazz e musica leggere che
raggiunge punti altissimi nel duetto iniziale e nel pezzo “Little boy
Blue”.
Il resto quasi non conta.
ONE FROM THE HEART è certamente uno degli esempi più lampanti di
Style over Substance che mi sia mai capitato di vedere. Se poi
questo sia un difetto o meno tocca allo spettatore singolo giudicare.
Quel che è certo è che il passato è stato ingiustamente ingrato nei
confronti di questa sottovalutata pellicola.
Ripresentando una nuova versione Coppola sembra quasi chiedere una
seconda chance al pubblico. Chance che personalmente vi consiglio di
prendere seriamente in considerazione
Non sarà IL PADRINO, APOCALYPSE NOW o nemmeno LA CONVERSAZIONE, ma è pur
sempre un’opera importante, che ha aperto la strada verso un nuovo tipo
di cinema ed è ennesimo testamento del talento di un regista in piena
estasi creativa.
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