Il tema dell'incontro tra angeli ed esseri umani ha attirato negli anni
diversi registi. Il primo che viene in mente a riguardo è senza dubbio Wim
Wenders che a suo tempo aveva esplorato il cielo sopra Berlino mostrandoci
le creature eteree dalle quali era popolato. Tuttavia, dalle commedie anni
80 sino a drammi più recenti con protagonisti Nicolas Cage e Meg Ryan, la
discesa degli angeli sulla terra è sempre stato un tema di diletto, messo in
scena nei modi più disparati. Lo conferma Luc Besson con il suo ultimo film,
Angel-A che vede come
protagonisti Jamel Debbouze, l'aiutante bottegaio visto in
Amelie, e Rie Rasmussen,
modella le cui doti fisiche sembrano avere effettivamente qualcosa di
divino. Del resto la netta differenza fisica tra i due protagonisti (lei
altissima, lui bassetto, lei pallida, lui d'origine algerina) è uno degli
elementi che Besson sfrutta per calare lo spettatore in un clima aberrato,
semifiabesco, un clima che fa presagire qualcosa di straordinario; e allo
stesso stesso scopo vengono utilizzati la fotografia e le inquadrature.
Parigi infatti viene ripresa in un insolito bianco e nero che vorrebbe
risultare romantico e atemporale ma che di fatto non ci riesce ad esserlo,
come non riescono ad esserlo gli sporadici campi lunghi dedicati ai ponti
sulla Senna o alla Torre Eiffel.
Ma il lato tecnico non è la sola debolezza del film; anche la trama, che
come abbiamo visto già di per sé non ha un soggetto troppo originale, viene
resa al massimo della conformismo e della prevedibilità.
Protagonista della vicenda è André, un ragazzo americano di origine algerina
che vive a Parigi. D'un tratto André si ritrova nei guai, senza soldi, senza
documenti, e senza qualcuno a cui chiedere aiuto. Solo i creditori sembrano
ricordarsi di lui e lo minacciano di continuo per riavere quanto gli spetta.
A questo punto, proprio mentre sta per farla finita, Andrè conosce Angela,
una splendida ragazza che si rivelerà essere il suo angelo custode sceso in
terra per dargli una mano. Angela aiuta Andrè a risolvere i suoi numerosi
problemi ma soprattutto lo aiuta ad affrontare se stesso (come si vede
chiaramente quando lo mette di fronte allo specchio), facendogli riconoscere
i suoi limiti ed i suoi meriti. Ma quella che sembra fino a qui una
riscoperta esistenziale diventa sul finale una drammatica storia d'amore.
Besson tuttavia non vuole turbare lo spettatore, né fargli percepire cosa
sia veramente il dolore, di conseguenza risolve la vicenda amorosa nel
migliore dei modi possibili. Magari se si fosse limitato a trattare uno dei
due temi chiamati in causa - la libertà dell'io e l'amore - avrebbe potuto
ottenere risultati discreti, ma nel modo in cui li ha intrecciati, in un
pasticcio fatto d'amore e crisi personale, Besson non ottiene altro che un
film banale, scontato e poco approfondito.
Di bello rimangono il volto e il corpo della Rasmussen, che davvero non ci
si stanca di guardare.
Voto: 15/30
23:03:2006 |