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Tutto il cast del film al gran completo per la presentazione in anteprima, a Roma, di AMNESIA, l'ultima fatica di Gabriele Salvatores. Ci sono, oltre al regista ed al produttore Maurizio Totti, Diego Abatantuono, Sergio Rubini, Martina Stella, Ugo Conti, Bebo Storti, Antonia San Juan, Maria Jurado, Ruben Ochandiano ed Alessandra Martines. Le domande sono quasi tutte per Gabriele Salvatores che, affabile, gentilissimo e disponibile, dispensa sorrisi e grandi spiegazioni anche alle provocazioni che non sembrano meritarlo. Evaso, dunque, l'ennesimo riferimento al progetto di "CROMOSOMA CALCUTTA" che, siamo ormai sicuri, non si farà, almeno ad opera della Colorado che, aspettando i contesti giusti ne ha definitivamente perso i diritti, si passa alla presa di posizione salda della produzione per la quale Amnèsia non solo non è la semplice sostituzione alcun altro progetto ma non é stata né una vacanza né un divertissment del regista. Salvatores ha cercato di affrontare i temi importanti della società multietnica, dell'incomunicabilità nella famiglia e dei nodi mai sciolti del conflitto generazionale padri-figli ma scegliendo di articolarli, soprattutto nella seconda parte della pellicola, in modo originale, lasciando al pubblico la possibilità di praticare autonomamente una sorta di montaggio personale della storia che realizzi un secondo punto di vista degli avvenimenti già visti nella prima mezz'ora di proiezione. La divisione è uno dei temi importanti del film. Le ispirazioni visive ed emozionali cui il regista attinge a piene mani sono quelle classiche di RASHOMON e RAPINA A MANO ARMATA ma anche quelle più propriamente pulp di certe atmosfere tarantiniane che il regista premio Oscar rielabora incastonandole le une accanto alle altre come sui monitor di una moderna regia televisiva o sullo schermo di un computer su cui si aprono finestre su finestre. Salvatores parla della propria generazione, di quello che conosce e vive senza la pretesa di dire delle assolute verità partendo dal presupposto che di molte, forse troppe cose, ci siamo dimenticati: di essere animali politici, dei ruoli padri/figli, degli ideali. Non manca la domanda di rito sull'intervento di Moretti a Piazza del Popolo cui Salvatores risponde con sincerità dichiarando il suo appoggio all'amico-collega in quanto "tutto ciò che nasce spontaneo è da osservare con atteggiamento costruttivo" ed ammettendo che parteciperebbe anche lui a manifestazioni politiche "per non dimenticare". L'approccio con questo film è stato onesto, per Salvatores, guidato 1) dalla necessità di farlo e 2) dalla sincerità dell'ispirazione. Narra il regista di essere stato conquistato dal progetto in un momento in cui, intorno ai 50 anni, si trovava a tirare le somme sul bilancio della famiglia, del gruppo, della Colorado.. il funerale di un tardo Hippy ad Ibiza frequentato da gente dai 16 ai 60 anni gli ha dato la voglia di raccontare una storia.. "Non si tratta di un'indagine sociologica sullo stato della famiglia", dice Salvatores, "se la vita ci costringe a confrontarci con i mille volti della realtà possiamo scoprire nuovi schemi di famiglie e gruppi che, per quanto storti, comunque funzionano". Importantissime le scelte musicali, da Leonard Coen "Da quando ho visto i COMPARI di Altman desideravo utlizzare un pezzo di Coen e, finalmente, My secret life era il pezzo perfetto per unire i personaggi" a Strawberry fields. I temi trattati sono la realtà contaminata, i figli di coppie miste, la musica fusion, il racconto è corale: 36 personaggi, 6 attori protagonisti, drammi spessi e conflitti accesissimi.. "Non credo che farò mai un film solo per divertirmi", sorride Salvatores, "Sto imparando a fare questo lavoro film dopo film. Credo di dover restituire qualcosa: non fermarmi a costo di creare film non semplici. Ho cercato, in questo caso, di indagare la struttura narrativa mischiando diversi generi.. il montaggio è stato il lavoro più sperimentale di tutto il progetto". Attenzione particolare è stata data anche al linguaggio: una sorta di dialetto di confine fatto delle schegge dei retaggi culturali di tutti i personaggi che si incontrano in una realtà multi etnica. Paradossalmente l'unico che dalla lingua sarà emarginato è proprio il killer inglese che, dinanzi agli sfoghi disperati della sua solitudine, si vede rispondere solo impacciati "I no speak English". Interviene, a questo punto, Sergio Rubini che spiega il suo punto di vista sul film: "Gabriele sente che sono diventato adulto, che voglio fare un figlio. Per molti anni ho interpretato personaggi che non volevano diventare adulti ma ora non sono più a disagio. Noi siamo i nuovi adulti, un po' stropicciati, forse non del tutto adeguati ma con delle responsabilità: dobbiamo fare i conti con la nostra storia e con il nostro passato, non vogliamo dimenticare per essere pronti ed affidabili. Non mi sento più un eterno ragazzo". Sorride Abatantuono per il quale, invece, "Noi cinquantenni siamo la generazione più immatura della storia". In questo film fatto di scene madri, senza respiro, senza passaggi di transizione, paradossalmente non ci sono madri, poche le donne.. "Se ci fossero delle donne le cose sarebbero diverse.. probabilmente avrei raccontato un'altra storia.." conclude Salvatores riecheggiando una delle battute più profonde del film, non a caso messa sulla bocca di Atonia San Juan: "Non so cosa serva per allevare un bambino, non so se ci sia una formula.. probabilmente basta una madre..".
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Elisa
SCHIANCHI |
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