
Non un film sulla nostalgia, non l'ennesima apologia della fuga, non una
celebrazione degli eroi di MEDITERRANEO ma una storia di raggiri e guai,
una sorridente black comedy generazionale, un incrocio di destini in cui
si ritrovano i ragazzi di Marrakesh Express diventati, ormai, adulti con
figli, coscienza e qualche cicatrice in più. Non nostalgia, dunque,
ma un po' di amarezza sì, di rimpianto per il tempo perduto che
si stempera nella felice capacità di tornare a sorridere dopo i
momenti difficili. Il messaggio è paradossalmente ottimista e,
nonostante la nuova generazione dipinta sia ribelle, rancorosa e trasgressiva,
quando non addirittura drogata e corrotta, alla fine le famiglie storte,
ritorte e ferite riescono davvero, con un colpo di coda, a rimettersi
insieme. Tutti i personaggi dell'ultima pellicola di Salvatores non sono
esattamente ciò che appaiono: ognuno ha un segreto da custodire
o da rinnegare, ognuno un percorso di infelicità da affrancare,
ognuno una deviazione da scegliere o abbandonare. Quello in cui il regista
crede è che si può diventare adulti senza tradire gli ideali
della gioventù: ricordarli e rispettarli oltre il velo del tempo
che tutto offusca e nasconde è la strada per sfuggire all'amnesia
che sembra aver colpito un'intera generazione. Amnesìa, dunque,
come vuoto in un percorso di crescita umana, come gap tra lo spazio del
sogno e quello piatto del reale, come perdita di un bagaglio culturale
ed emozionale infranto contro la barriera del compromesso. Ma anche Amnèsia
come luogo reale cui ancorare la pesante solidità dei fatti, come
una delle più grandi discoteche di Ibiza, scelta per la sua realtà
felice e complessa di razze, costume, divertimento e paure, un supermercato
di varia umanità, sogni e sudore, un laboratorio musicale e sociologico,
il motore dell'azione di tutti i protagonisti che si muovono ai margini
di coscienza e legalità. Un'originalissima struttura a mosaico
narra il momento in cui tre storie diverse, eppur incredibilmente convergenti,
si incontrano. Quella di Sandro (Diego Abatantuono), regista pornografico
alle prese con l'arrivo improvviso di una figlia diciassettenne quasi
sconosciuta (Martina Stella) che ignora tutto di lui se non il suo abbandono,
quella di Xavier (Juango Puigcorbè), capo della polizia integro
ma molto umano, padre di Jorge (Ruben Ochandiano), un teppista senza legge
che è il suo cruccio ed il suo contrappasso, quella di Angelino
(Sergio Rubini), proprietario di un chiringuito, un bar sulla spiaggia,
e piccolissimo spacciatore di Marijuana, che, sognando una casa che non
sia la baracca sulla pista di atterraggio dell'aeroporto ed un futuro
fatto di figli e serenità per sé e la moglie Alicia (Maria
Jurado), si lascia tentare da speranze effimere di ricchezza facile, decidendo
di vendere i quattro chili di cocaina contenuti in una valigetta nella
quale casualmente si imbatte. Le storie, sebbene intrecciate, sono narrate
in tempi cinematografici diversi, rinunciando al montaggio alternato per
dare corpo ad una tecnica audace e di grande presa emotiva che prevede
lo svolgimento completo del primo plot nell'arco dei tre giorni nei quali
è ambientata la vicenda, una sorta di rewind accelerato che riporta
il tutto all'episodio iniziale e comune da cui si dipartono come fili
di una matassa i cento casi del destino, il racconto di una seconda storia
e così via. L'esperimento riesce ed è, forse, proprio quest'originalità
narrativa la vera spina dorsale di un progetto altrimenti poco sentito.
Così, dal funerale dell'Hippy maturo, morto felice a cavallo della
sua Norton Commando, la stessa moto di Che Guevara, momento in cui sono
presenti tutti i personaggi che ignoriamo essere i protagonisti di inattesi
sviluppi, e per tutta l'ora successiva, sembra di essere dinanzi ad una
rivisitazione senza anima né emozione del miglior repertorio di
Salvatores fatto di paesaggi deserti e riarsi, di personaggi piccoli ed
auto ironici che vivono di espedienti in un luogo che è "altrove"
rispetto alle loro origini, di purezza e bontà al di là
delle apparenze di compromesso e dissipazione. La vera svolta del film
si ha quando, fuori da ogni previsione, si torna improvvisamente indietro
nella narrazione per rivedere nuovamente la storia da un'angolazione che
spiega, integra e ricompone i frammenti perduti nella precedente rappresentazione
dei fatti o, comunque, sfuggiti all'attenzione dello spettatore. Accanto
ai giovani protagonisti della notte che all'alba si sdraiano sulla spiaggia
fissando, dagli occhiali scuri, un punto perso nell'orizzonte, compaiono,
in un'insalata esotica per colori e sapori, hippy irriducibili, esuli
politici, contadini a caccia con i loro "podenchi" (cani che
cacciano in branco lepri e cinghiali), viaggiatori solitari e qualche
poeta. Assecondando questa chiave di lettura che celebra la realtà
multi etnica della società moderna che centrifuga le diversità
per farne amalgama inseparabile, altro carattere affascinante e peculiare
del film è la scelta di una lingua che associ al colore dello spagnolo
tutte le contaminazioni che, interagendo l'un l'altra, danno vita ad un
vero nuovo dialetto dell'integrazione. Anche il cast, naturalmente, rispecchia
questa visione del regista per il quale appare evidente che "il mondo
è diventato piccolissimo e, forse, non è più così
sensato parlare di cinema spagnolo, francese o italiano". Capita,
allora che, provando "a raccontare le nostre storie con il nostro
cuore e le nostre lingue confrontandoci, però, con quelle degli
altri", agli attori feticcio del cinema di Salvatores, i sempre perfetti
e calibrati per passione ed intensità Abatantuono, Rubini, Conti,
si affianchino in un crogiuolo multi culturale affiatatissimo consumati
attori di teatro, star iberiche (Antonia San Juan, la Agrado di Pedro
Almodovar), ex ballerine e grandi della recitazione inglese (Ian McNeice)
che accettano di mettersi in discussione per recitare in ruoli secondari
e talvolta caricaturali. Non sempre, però, pur nella ricchezza
degli spunti e della lettura, talvolta addirittura sorprendente, delle
due anime del film disvelate e stravolte a seconda del punto di vista
privilegiato di momento in momento dalla macchina da presa, il film appare
compiuto e davvero corrispondente all'ottimismo della volontà di
Salvatores. Gli interpreti eccellenti, puntuali ed accattivanti, diverse
scelte artistiche e di confezione davvero meritevoli ed una colonna sonora
coinvolgente, rendono la pellicola godibilissima e, pur nella dimensione
grottescamente pulp fortemente cercata, in qualche modo positiva e leggera
rispetto a film più cupi ed introflessi quali NIRVANA e DENTI ma
ciò che, forse, rende più difficile la digestione ed impedisce
al progetto di decollare è, oltre a qualche indecisione di troppo
sullo stile da seguire e qualche cambiamento di rotta esageratamente brusco
sui caratteri messi in scena, il sapore costruito ed artefatto di un messaggio
che, in un carosello di disgregazione ed incompatibilità, pretende
di giustificare un happy end brutale e non necessario per riconciliarci
forzatamente con un'aspettativa del futuro che non può non essere
di speranza.
Voto: 25/30
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