
Apologo al femminile dell'amore assoluto incastonato in un registro di
stereotipi e percorso da una vena tutt'altro che sottile di femminismo
integralista ormai fuori moda, L'ALTRA META' DELL'AMORE racconta la storia
di tre ragazze come se ne trovano troppe al cinema, figure topiche di
una tradizione che nella abusata cornice di un college americano ambienta
il dramma di una love-story sacrificata al rigore di una società
codina con le esagerazioni idealistiche e i risvolti tragico-isterici
tipici di un romanzare d'altri tempi. Mary B. è la novellina che,
turbata dalla perdita della madre e dal rapporto difficile con la matrigna,
si affrancherà dalla sua fragilità affettiva e verrà
iniziata ad una nuova vita dall'eredità della figura carismatica
di turno, la coraggiosa e sfrontata Paulie, apoteosi della donna, trasposizione
contemporanea e al femminile del cavaliere medievale senza macchia e senza
paura che, con l'animo leso dalla negazione dell'affetto materno, si batte
fino alla morte per l'amore della sua dama e non soltanto in termini metaforici,
nella progressione tronfia di una sceneggiatura che dalla novella sentimental-adolescenziale
slitta nella saga cavalleresca con tanto di duellanti che tirano di scherma
e culti di falconeria. La pittoresca simbologia del "raptor"
che ghermisce con gli artigli chi s'azzarda di sottrargli l'amata gonfia
ad ossessione la metafora di una tenace ricerca dell'amore.
Léa Pool rivisita la tradizione romantico-cavalleresca apportando
però una sua particolare innovazione, il cut-off integrale della
componente maschile, secondo un criterio coerente a quella che sembra
una programmatica intonazione del film contro il sesso forte, piuttosto
che una casuale scelta narrativa, come suggeriscono certi dialoghi [ad
esempio quella patetica storia sul "blaterare" in classe] e
la stilizzazione impietosa dei tre-quattro ragazzi che circuiscono le
protagoniste. Come se quella degli uomini fosse una sensibilità
rozza e primitiva, cui è preclusa una qualsivoglia possibilità
di comunicazione, se non di comprensione, con certi moti passionali esclusivi
di universo femminile rigoglioso ed esaltante.
Il volo idealistico e retorico di Léa Pool fa perdere l'equilibrio
ad un film che, se affidato una capacità di tocco più delicato
e meno ridondante, con il suo potenziale di sensualità languida
ed erotismo crepuscolare e con l'elegante fotografia di Pierre Gill sarebbe
potuto diventare una meno pretenziosa e più dignitosa ode saffica
all'amore.
Voto: 24/30
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