ALMS OF THE BLIND HORSE

di Gurvinder Singh

con Mal Singh, Samuel John

e con Serbjeet Kaur, Dharminder Kaur

  di Marco Grosoli

 

28/30

 

Un villaggio della campagna indiana viene chiamato alla resa dei conti. La recente concessione delle case ai loro abitanti di fatto, ha avuto come spiacevole effetto collaterale la cessione dei terreni alle autorità municipali - cosa che ha aperto la strada, prevedibilmente, a fenomeni di corruzione e speculazione edilizia. Un amico del membro più anziano della famiglia protagonista ha appunto dovuto subire la demolizione della propria abitazione là dove si è deciso sorgerà una fabbrica. Ovviamente, anche tutti gli altri sentono ora il fiato sul collo. Arriva in visita il figlio, il quale poi andrà a trovare l'altro fratello in città. Quest'ultimo è un mezzo spiantato, un sottoproletario sfruttato che lavora troppo per vivere e troppo poco per sopravvivere. Nel corso di una giornata e una nottata di vagabondaggi irrisolti (dopo le cure a una misteriosa ferita alla testa, prodottasi presumibilmente sul posto di lavoro), finirà proprio nel villaggio natale, dove incontra la sorella uscita a prendersi una boccata d'aria lontano dai crucci dell'anziano padre.

Questo incontro finale sigilla l'assunto del film: per quanto spaventosamente diversi siano città e campagna nell'odierna India che cambia, ad accomunarli (oltre a un preoccupante venir meno del tessuto di solidarietà che innervava anche gli strati sociali meno agiati) è un simile, paralizzante disorientamento. “Disorientamento” è davvero la parola-chiave del film: il conflitto città-campagna (sovrappopolamento selvaggio da una parte e svuotamento e speculazione dall'altra, con annessa perdita delle radici) è qui un nocciolo duro di cui si vuole trasmettere, innanzitutto visivamente, la respingente impenetrabilità. E la si vuole trasmettere quasi in ogni inquadratura. Con inusitata frequenza, il racconto si arresta e lascia spazio ad allucinate, ipnotizzate parentesi descrittive (spesso ottenute mediante piani fissi, totali o semitotali) che presentano questo o quel dato come la manifestazione evidente di un problema invalicabile, la sua monumentale, ostilmente statica testimonianza. I lunghi carrelli su una fila interminabile di risciò vuoti sono la prova vivente che la città non è più quella di una volta. E quelli sulla fila interminabile di camion pieni di sementi sono la prova vivente che il rapporto città-campagna, insieme ai conseguenti flussi di merci, è drasticamente mutato.

Non di rado, queste parentesi descrittive si caricano di un notevole fascino poetico e “atmosferico”. Un carretto che passa, isolato, visto dall'interno di un cortile attraverso il portone aperto, tra la nebbia e null'altro. Il primo piano di un uomo nella notte, visto solo a intermittenza attraverso le luci riflesse dal treno che gli passa davanti. Una lunga sfilata di gambe inquadrate dal ginocchio in giù, che procedono spedite e decise, mentre sul fondo del quadro negozianti e artigiani guardano con uno strano misto di disapprovazione, timore e speranza la mobilitazione a cui hanno scelto di non partecipare.

Ecco: quest'ultimo esempio ci porta a un'altra arguta costante dello stile del film: l'inquadratura è spesso divisa in due regioni graficamente distinte (spesso, primo piano e profondità di campo) tra i quali è ben tangibile qualche forma di contrapposizione. È il caso della passeggiata di padre e figlio nei pressi di una manifestazione gremita di bandiere rosse, a cui non partecipano. È il caso dell'anziano protagonista, sconsolato e impietrito dopo lo sfratto dell'amico, con null'altro che si muova nell'inquadratura a parte un trattore dietro di lui, simbolo vivente di una ruralità che si tiene in piedi non si sa bene come.

Lo si diceva: quasi ogni immagine di questo film trasuda grazie alla sua aspra fissità un conflitto apparentemente invalicabile – un conflitto la cui invalicabilità, appunto, appare con lodevole flagranza visuale. E proprio questa flagranza salda l'unione tra il dato più esplicitamente politico del film (i disagi dell'incontrollabile mutazione della penisola indiana, che travolgono diversamente ma in modo ugualmente traumatico città e campagna) e quello poetico.

 

09:09:2011