
"Alì ci ha detto 'Dite la verità'. E io gli ho risposto
che avremmo raccontato le sue vicende (…) Nel vero uomo Alì, ci
sono stati errori, debolezze, facili seduzioni, ed egli ne va comunque
fiero. Non si vergogna di niente. (…) L'uomo che c'è nel film è
davvero l'uomo che c'è ancora nel 2000." (Black Magic Mann
di Pier Maria Bocchi, "Film Tv", anno 10 n. 9). Così
Mann ricorda, e allo stesso tempo svela, le intenzioni della cinebiografia
che racconta la vita, limitatamente tra il 1964 e il 1974, del più
grande pugile della storia, simbolo sportivo ma anche e soprattutto politico
e culturale. Ma se negli intenti del regista c'era quello di costruire
un affresco, oltre che biografico, anche sociale, possiamo costatare che
il film non si dà il tempo di approfondire le figure cardini. Non
basta rendere visibili personaggi come Malcolm X, le rivolte urbane, i
pellegrinaggi in Africa per immortalare il periodo americano durante il
quale Alì ha combattuto le sue battaglie dentro e fuori dal ring.
La sceneggiatura sfiora gli avvenimenti più importanti che non
riescono appieno a riflettersi negli occhi di Alì-Smith (si può
far riferimento, per esempio, all'assassinio di Malcolm X, episodio troppo
importante perché sia risolto, sullo schermo, con qualche lacrima
versata dal protagonista). Questi difetti si ritrovano anche nel modo
di trattare Alì: l'uomo vero, le sue debolezze, le verità
non vengono raccontate. Le mogli, le intolleranze religiose, gli errori
sono sceneggiati come delle tappe necessarie da mostrare, e poi velocemente
liquidati per tornare agli aspetti più spettacolari di una vita
inevitabilmente spettacolare. Ed è proprio qui che il film vola
alto, quando si trasforma in spettacolo. Tutto il merito quindi va a Mann
ed alla sua capacità di filmare. Immagini rallentate (il regista
è un genio nell'usare tale figura retorica), digitali, sfocate,
veloci, silenziose raccontano i dettagli dai quali possiamo assorbire
il vero film, il vero Alì, la sua rabbia e la sua originale carica
agonistica. La pellicola meriterebbe una seconda visone non tanto per
la sua importanza estetica (esempi di quasi perfezione erano sicuramente
i precedenti HEAT-LA SFIDA e THE INSIDER), quanto per aver modo di cogliere
i personaggi secondari e le sequenze sospese che quasi scompaiono travolti
dalla vicenda principale e che invece confermano la grandezza del regista.
Voto: 26/30
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