UN AFFARE DI GUSTO
di Bernard Rapp
con Bernard Giraudeau, Jean-Pierre Lorit e Florence Thomassin



Difficile esprimere a parole la straordinaria ricchezza e complessità di questo film. Comincio col dire che soltanto una pellicola francese poteva tratteggiare l'eleganza, il gusto, lo stile, l'amore per i piaceri più raffinati della vita con sguardo così sottile e penetrante.
Da sempre la letteratura ha dovuto affrontare il problema di rapportarsi con i cinque sensi, come trasmettere delle sensazioni attraverso un elemento indiretto come il linguaggio?
Molti scrittori, soprattutto nell'Ottocento, si sono limitati ad aggirare se non evitare del tutto la questione considerandola materia bassa e scarsamente interessante; solo l'elemento visivo ha trovato subito una felice espressione: basti pensare alle dettagliatissime descrizioni di Flaubert. Fortunatamente non sono mancate le eccezioni, come il capolavoro di Suskind Il profumo, dove la vita del protagonista è descritta attraverso le sue sensazioni olfattive e la capacità di manipolare l'animo umano attraverso gli odori. Il cinema, per sua natura, ha superato le reticenze letterarie per quanto riguarda la vista e l'udito, ma continua a doversi rapportare con i restanti tre sensi: tatto, olfatto e gusto. Se l'olfatto, si sa, è in grado di evocare memorie e sensazioni legate al passato, il gusto è sinonimo di un piacere sublime e quasi sensuale ("Fate l'amore con il sapore! " esorta la famosa pubblicità di uno yogurt).
UNE AFFAIRE DE GOUT analizza l'impero dei sensi per sviscerare i personaggi creando un noir della mente e del corpo. Il nucleo narrativo, già di per sé piuttosto originale, è la storia di un egocentrico uomo d'affari (Delamont) che assume un giovane cameriere (Nicolas) per farne il suo "assaggiatore". Uno spettatore conforme alla logica del thriller si aspetta subito che l'"assaggiatore" debba testare le pietanze per controllare che non siano avvelenate; di fatto egli mette a repentaglio la sua vita, ma per tutt'altra ragione: tecnicamente il suo lavoro si limita a controllare che i cibi non contengano né formaggio, né pesce, ingredienti banditi dalle fobie alimentari di Delamont. Rapp, con un abile colpo di coda, chiarisce subito che il motore dell'azione non sono i soldi o l'omicidio, ma un thriller psicologico che si snoda attraverso labirintici rapporti di seduzione, di amore ed odio, di dipendenza, plagio e manipolazione esclusivamente mentali. Del thriller classico il cineasta mantiene solo l'espediente dell'omicidio come naturale conseguenza nell'eterno legame fra amore e morte. L'intreccio è avvolto da un ulteriore alone di mistero grazie ai frequenti flash-forward che mostrano gli interrogatori dei personaggi ed il cui legame con il passato non è mai scontato: Rapp, che è anche sceneggiatore, utilizza magistralmente le ellissi narrative tenendo lo spettatore legato a un filo sempre diverso.
Lo scopo di Delamont è di sedurre completamente il giovane Nicolas attraverso una fascinazione puramente intellettuale. Quando raggiunge i suoi punti più alti, il rapporto fra i due uomini sembra la perfetta realizzazione dell'amore platonico, tanto più se consideriamo che secondo i greci il vero amore poteva realizzarsi solo fra uomini ed in particolare tra un uomo maturo e saggio ed un ragazzo nel pieno della giovinezza. Il potente uomo d'affari manipola totalmente Nicolas fino a renderlo un perfetto clone sensoriale: i due condividono gli stessi gusti, le stesse donne, gli stessi piaceri e gli stessi dolori, sempre sdoppiandosi nei ruoli dell' "assaggiatore" che prepara il prodotto per il vero "consumatore". Delamont e Nicolas sono come due gemelli siamesi: il loro attaccamento è menomante eppure l'uno non può vivere senza l'altro, sono sul punto di fondersi in un'unica persona, veramente completa, come risposta al dilagante senso di vuoto e solitudine che caratterizza i rapporti umani nell'era delle comunicazioni. In un primo momento sembra che il giovane arrivi a rinunciare consapevolmente alla sua identità in un rapporto di dipendenza totale dal compagno. Ma il film, nella sua complessità, ci fa continuamente intravedere le profonde insicurezze di colui che pare condurre il gioco in modo dispotico, l'irrefrenabile senso di vertigine che sottende le vite degli uomini di potere. Nella sua presunta, o effettiva, superiorità rispetto alla vacuità ed alla mancanza di stile del mondo circostante Delamont ha bisogno di una persona in tutto e per tutto simile a lui e se la crea secondo un processo di filiazione che ricorda la nascita di Atena dalla coscia di Zeus. Nicolas, attratto dalla vertigine che si prova restando sull'orlo di un baratro, accetta di spingersi sempre oltre fino a trovare il punto di rottura.
Anche il precedente lungometraggio di Rapp, TIRE' A' PART (1997), era una riflessione sullo scontro tra due personalità maschili, sempre in chiave noir. Sulle orme di Chabrol, Rapp predilige uno stile freddo e tagliente per scandagliare una borghesia malata e sofferente evitando i facili moralismi. Come afferma Pierre Eisenreich su Positif: " Rapp ha preferito sondare i suoi protagonisti piuttosto che mettere in piedi un sistema di valori "; un'operazione di questo tipo è stata sicuramente facilitata dalla bravura di Bernard Giraudeau nei panni dell'eccentrico uomo d'affari: attore poliedrico, approdato al cinema solo in età adulta, Giraudeau è uno dei migliori attori francesi che vi siano in circolazione. Dopo aver già lavorato con Rapp, nel '99 Giraudeau ha interpretato la parte principale in ben due film: UNE AFFAIRE DE GOUT e GOUTTES D'EAU SUR PIERRES BRULANTES di Francois Ozon. Nel capolavoro di Ozon, Giraudeau dà vita ad un personaggio molto simile a Delamont: altrettanto affascinante e, se possibile, ancora più egocentrico e vampirizzante; anche GOUTTES D'EAU SUR PIERRES BRULANTES ruota intorno al rapporto omosessuale di un uomo maturo che trasforma un giovane fino a farne la sua "creatura". In questo caso, però, il rapporto di dipendenza e spersonalizzazione sembra univoco tanto che alla domanda ricorrente "Hai bisogno di me?" I' uomo implacabilmente risponde: "No, sei tu che hai bisogno di me".
Sia l'esempio de LA VIE MODERNE, il lungometraggio di Laurence Ferreira Barbosa in concorso al 18° Torino Film Festival, sia UNE AFFAIRE DE GOUT dimostrano che il cinema francese non ha perduto del tutto l'eccezionale abilità nel descrivere la mente umana ed i suoi fantasmi. Se i registi orientali incarnano l'innovazione e l'originalità verso nuove frontiere cinematografiche, i francesi continuano a portare sullo schermo le nostre paure più recondite con raffinata ironia.
Purtroppo UNE AFFAIRE DE GOUT, che ha trovato in Francia numerosi estimatori, non ha avuto nessun riconoscimento al festival di Courmayeur; tuttavia gli resta il merito di aver magistralmente descritto uno dei volti del noir, l'introspezione psicologica spinta al punto di non-ritorno, attraverso una storia d'amore infinitamente più inquietante di tanti polizieschi.

Voto: 29/30

Elena SAN PIETRO
17 - 08 - 01


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