
Con WAKING LIFE l’animazione al computer sembra aver trovato una delle
strade percorribili: quella del parlato, del testo orale, del dialogo
filosofico. La mancanza dell’ontologia fotografica (non sopperita dall’utilizzo
di persone reali ridisegnate in digitale) sembra sposarsi bene con la
rarefazione della dissertazione filosofica, con l’esternazione di visioni
del mondo che totalizzano la vita sotto patterns scientificizzanti o esistenzialistici
che pretendono concluderla dicendone la verità più celata. Il personaggio
infatti fa un viaggio più o meno onirico in cui incontra tanti personaggi
comuni che si riveleranno maestri di vita o comunque capaci di teorie
che fanno oscillare le sue concezioni sulla realtà, il sogno, la percezione,
il libero arbitrio e via dicendo. Il film va avanti bene, i dialoghi sono
profondi senza essere pedanti ma almeno alla fine ci si aspetterebbe dal
protagonista una presa di posizione, un bel calcio liberatorio al dubbio
che lo tormenta per tutto il film e al quale cerca sempre di dare una
risposta facendosela dare da qualcun altro: sogno o son desto? Insomma
il film non ci libera da se stesso, continua a tenerci avvinghiati nelle
sue incertezze, nel non poterci dire (e come potrebbe?) ma soprattutto
senza farci sentire come si possano distinguere realtà e sogno: lo spettatore
allora provvede a farlo da solo alzandosi e tornando a fare quello che
faceva prima.
Voto:
25/30
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