TUHOG
di Jeffrey Jeturian

Il film racconta di una ragazza e di sua madre entrambe stuprate dal nonno-padre poi finito all’ergastolo, quindi contattate da un regista che dal loro racconto, almeno in un primo momento, sembra non abbia ricavato altro che un film di seconda serie fatto di un vile miscuglio di ambiguità e provocazioni che da subito viene avvertito dallo spettatore (di Venezia naturalmente, non quello del film) come una vera e propria parodia del genere erotico alla "Laguna blu". Ma questa parodia non fa che accentuare il vero dramma dissimulato che riemerge ogni volta vediamo il viso della ragazza violentata guardare ingenuamente il film e non capire il travisamento in atto sotto i suoi occhi ed a suo detrimento. Non solo. Nella sua "disonestà" il regista non può fare a meno di svelare la violenza subita dalla ragazza come profondamente avversata e assolutamente non voluta da lei che pure ci viene presentata così provocante: da questo momento lo spettatore si fa accorto ed inizia a pensare che forse anche il film nel film a cui sta assistendo presta qualche cosa di vero alla realtà, cioè al film che lo contiene: la gelosia o morbosità possessiva avvertita dalla madre per le attenzioni dell’uomo verso la figlia, forse la civetteria stessa della ragazza adolescente e soprattutto la leggerezza con cui si conclude il film quando lei incorona il suo amore salendo nuda col suo giovane spasimante in cima ad un albero dopo essere stata violentata dal padre e averlo ucciso. Insomma il confronto dei due film produce nello spettatore una produttiva inversione di prospettiva, grazie alla quale si rende comprensibile, anche se non giustificabile, la violenza occorsa, superabile, perché alleggerito dalla narrazione, il trauma subito e vero, anche se completamente fittizio, il film visto.

Voto: 24/30

Alessandro MAZZANTI
31 - 08 - 01


::: altre recensioni :::