
Un po’ come ALMOST FAMOUS, anche questo ROCK STAR di Stephen Herek getta
uno sguardo sul mondo della musica giovanile, ritornando sui tic comportamentali
di chi deve affrontare qualcosa di incontrollabile e pericoloso come fama,
sesso e droga, tutti diretti prodotti del successo che consegue alla vendita
di dischi.
Opere di questo genere, va detto, servono anche a recuperare il vecchio
catalogo delle grandi case discografiche americane, che corre il rischio
di rimanere sempre meno frequentato dai consumatori, man mano che il tempo
passa.
Come dire che i compact disc degli artisti contemporanei non hanno ulteriore
bisogno di promozione oltre a quella specifica [e costosissima] orchestrata
in funzione delle nuove uscite,
mentre canzoni di 15/25 anni fa si servono del viatico multimediale –
il cinema, appunto - per tornare sul mercato.
Non è un caso, infatti, che ALMOST FAMOUS riguardasse i primi anni ’70,
mentre qui siamo a metà degli Ottanta, segnati anche, ma non solo, dall’esplosione
dell’ heavy metal figlio dell’ hard rock di Deep Purple e Black Sabbath.
I gruppi dell’ epoca erano Iron Maiden, Motley Crue, Van Halen, e la storia
gira attorno agli Steel Dragon, band fittizia che viveva di sole cover,
quindi di luce riflessa e incapace di trovare una via creativa autonoma.
Il suo cantante/leader [l’ex Marky Mark di qualche anno fa, ora noto a
tutti come Mark Wahlberg e basta], cacciato dal gruppo, viene chiamato
addirittura a sostituire il suo analogo nella band “copiata”, i
Dragon, quel Bobby Beers –dall’ eponimo alcolico- di cui imitava gesti
e comportamenti privati.
Da qui ha inizio la classicissima discesa agli inferi della perdizione/
iniziazione ad una sessualità allucinata e promiscua e a tutta una serie
di regole non scritte sulle quali quell’ ambiente si basa[va], tra mogli
delle star disposte a tollerare orge con le groupies e rigidissime gerarchie
creative all’interno dei gruppi.
La crisi di coppia che ne consegue, con una Jennifer Aniston discretamente
plausibile nel ruolo di fidanzata in fuga da quell’ universo progettato
“al contrario”, è il preludio altrettanto ovvio a ulteriori dipartite
e ricongiungimenti dell’ultima ora, tra espiazioni “unplugged” di un passato
musicale elettricamente estremo, capelli più corti e final cut correttamente
ottimista.
Detto questo, è comunque interessante entrare con gli occhi e ancora di
più con l’udito in un vorticoso e abbastanza coinvolgente succedersi di
prove musicali, coreografate con una certa potenza dell’ immaginazione
visiva.
In ciò sta proprio la particolarità della pellicola, che a differenza
di altri lavori con pretese narrative eccessive, riesce ad assolvere al
meglio la propria funzione di veicolo di “video musicali” assolutamente
ben girati e che ti trasportano direttamente in un’ epoca non tanto lontana
dall’ oggi, ma già irrimediabilmente “old fashioned”
e ormai consegnata al livello di una fruizione solo nostalgica.
Voto: 25/30
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