Elisabeth,
una studentessa di fotografia sensibile all'arte e alla letteratura, incontra
Rolf, uno studente di medicina dal carattere debole. I due si frequentano,
si amano e si sposano. Ben presto mettono su una famigliola discretamente
numerosa. Alla nascita del terzo figlio Rolf interrompe gli studi di medicina
e il rapporto tra i due si incrina; Rolf lascia per un po' la famiglia
per concedersi una pausa di riflessione.
Intanto Elisabeth perde il quarto figlio. Poi i due si riconciliano ed
arriva il quinto figlio. Rolf lavora in una ditta farmaceutica con scarso
successo professionale, poi alla nascita del quinto figlio trova un lavoro
meglio remunerato come rappresentante di cosmetici. Rolf ed Elisabeth
vengono iniziati alla religione mormone e si battezano. Infine Rolf si
toglie la vita con i fumi di scarico della sua Wolksvagen in un bosco
ed Elisabeth ricomincia una nuova vita con un giovane americano.
Il film di Reitz descrive la triste storia di due borghesi degli anni
'60, di un piccolo nucleo familiare come tanti dove una donna vive ogni
esperienza con ingenuo entusiasmo, scevro da spinte alla riflessione e
all'approfondimento, semplicemente appagata dalla quotidianità e da ciò
che è socialmente ordinario. Il suo essere felice è motivato dalla coerenza
della dua vita con gli sterotipi che la società impone: una famiglia,
un amore, dei figli. Ma il suo amore è irreale e intangibile, Rolf rimane
al margine di un rapporto troppo fragile, dove le sue paure, le sue insicurezze
e il suo bisogno di intimità non trovano conforto. La sfida professionale
diventa il campo su cui guadagnare rispetto coscienza di sé, ma quando
l'esito è anche lì all'insegna della mediocrita non rimane più speranza.
Il suicidio di Rolf viene raccontato in una lunga sequenza dove si alternano
primi piani del tubo di scappamento, primi piani dell'auto e rinquadrature
dalla macchina attraverso le quinte dei cespugli. Il rumore sordo e goffo
del motore, il ritmo lento degli stacchi di montaggio, la prolissità di
una scena interpretata senza alcuna enfasi drammatica mostrano tutto la
vuotezza interiore di Rolf, che sembra uccidersi non per annullare il
dolore di una sensibilità provata, ma per liberare il mondo dal peso di
una esistenza inutile. E di fatti il mondo prosegue a vivere anche senza
di lui, la sua scomparsa non lascia ferite o mancanze: Elisabeth dopo
il funerale si distende a gioca oziosamente col suo velo nero, poi incontra
un uomo di dieci anni più giovane e si ricostruisce con lui una nuova
vita in America.
Una riflessione sul "male di vivere" insinuato nel tessuto umano della
società, laddove paradossalmente la efficienza della organizzazione comunitaria
che dovrebbe garantire agio e tranquillità diventa invece una melma dove
si nullificano i rapporti umani e si logorano i sentimenti. Reitz ci racconta
la sua storia con uno stile impercettibile, fine nelle inquadrature, tenero
nelle scene, delicato in movimenti fluidi della macchina da presa che
fanno pensare a certo cinema dell'ultima generazione.
Cinema Nuovo all'epoca ma nuovo anche oggi.
Voto: 26/30
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