
Ha il sapore del dejà vu questa commedia nera sospesa tra road
movie, melò sentimentale e gangster story, confezionata con mestiere
da Barry Levinson. Una pellicola piacevole che, però, manca di
forza emozionale e lascia pensare al motivo per cui un regista capace
di dirigere con tutt'altra passione e piglio originale Robin Williams
in GOOD MORNING VIETNAM, Dustin Hoffman in RAIN MAN, Bob De Niro in SLEEPERS
e Samuel Jackson in SFERA, indugi, oggi, su un tema accademico e di maniera
come l'incontro-scontro che cambia la vita. Ci si sorprende, allora, a
domandarsi se tutti i luoghi comuni sfruttati dal regista non si intreccino,
in realtà, in un gioco di ombre volte a confondere, velando una
trama ordita di ben diversi e più moderni significati. Non si tratta,
infatti, a ben vedere, solo della futile avventura di due compari che
si imbattono nella bella di turno che li stravolge ma della storia di
tre solitudini che, in quanto simili, si cercano e si attraggono per colmare
quel senso di vuoto inteso come luogo fisico e del cuore che li opprime..
la solitudine di Kate, tanto infelice da sembrare pazza.. la solitudine
di Terry, tanto infelice da rasentare l'ipocondria.. la solitudine di
Joe, tanto infelice da cercare il riscatto in un paradiso che non esiste.
Mentre i due soci si specializzano nell'arte incruenta di svaligiare banche
dando la buonanotte ai loro direttori, dunque, il destino mette sulla
loro strada una donna bella e fragile che ha perso se stessa. Cate Blanchett,
tornata al rosso fuoco di ELISABETH, interpreta con humor e grazia questo
bel personaggio di donna intelligente che si scopre trasgressiva sino
a lasciare in sospeso il suo mondo di rapporti consumati per immergersi
in un'altra vita, forse solo sognata, lontana dai rifugi conosciuti della
mente e del corpo. Assaggiato il gusto della seconda chance, Kate non
può più accettare di fallire nel suo progetto più
ardito: vivere con la stessa passione con cui si sa di poter sognare.
E' lei il personaggio critico e controverso del film, la musa incantatrice
capace di concentrare su di sé il potere magnetico di controllare
due uomini in un "grande amore un po' allargato" che fa dei
due compari, insieme, l'uomo perfetto.. e, naturalmente, se l'ago della
bilancia del menage à trois è una donna, si comprende la
ragione di certe critiche pruriginose che hanno inteso demolire per la
sua presunta amoralità questo film che, pur non brillando per sostanza
ed originalità, non manca, invece, di momenti acuti e, talvolta,
esilaranti. Lo sviluppo della storia è movimentato dalla sovrapposizione
di tre piani narrativi che si intrecciano in falsi tracciati inducendo,
nello spettatore, conclusioni che verranno sovvertite, anche se in modo
non del tutto inatteso, solo negli ultimi densi e corruschi fotogrammi
della proiezione. Le telecamere a circuito chiuso della banca teatro dell'ultima
rapina, l'intervista rilasciata a "Criminali in libertà"
ed i continui flash-back sono, dunque, l'occhio attraverso cui scandagliare
l'anima di un'America divisa tra dimensione da cartoon e scelta "politicamente
scorretta". Joe e Terry offrono a Kate una nuova famiglia sui generis
accettandola, nella sua diversità, in un mondo in cui la sopravvivenza
è un'arte fatta di compromessi e di linee di confine oltrepassate.
Bruce Willis e Billy Bob Thornton, ladri gentiluomini trascinati dagli
eventi oltre la propria vocazione, danno il meglio del loro repertorio
di travestitismo e mossette per distogliere l'attenzione dalle incongruenze
di un soggetto che attinge a piene mani, senza, tuttavia, superare sempre
la soluzione di continuità data dall'effetto collage, da pietre
miliari della storia del Cinema come BUTCH CASSIDY, BONNY & CLIDE,
IN TRE SUL LUCKY LADY e lo stesso fa il regista, impreziosendo la sceneggiatura
di citazioni per cinefili da ACCADDE UNA NOTTE di Frank Capra ai film
con Steve McQueen, icona intramontabile di gioventù e libertà.
A seguito di un percorso artistico alternato tra sperimentazione, impegno
e cassetta, pur affidandosi ad un soggetto commerciale ed apparendo, pertanto,
prima facie, lontano da certe scelte che ne hanno fatto, in passato, un
artista borderline come in SLEEPERS, Levinson non assume acriticamente
le soluzioni narrative della commedia che viene, anzi, sovvertita dall'uso
strumentale e cosciente di una vena parodistica nettamente caricaturale.
Il tono è, sì, quello della black comedy ma la lucidità
con cui il regista confeziona la disincantata se non comica discesa agli
inferi dei protagonisti del suo ultimo racconto di amore, illusione e
follia non può non lasciare un retrogusto amaro. La colonna sonora
travolgente, dall'evasione rock a cavallo di una betoniera al corteggiamento
musicale tra Joe e Kate, vibrante delle note di Bob Dylan, degli U2 e
Robert Plant, sottolinea l'intero racconto in attimi di autentico coinvolgimento.
La trama scorre leggera, con qualche pregevole picco, al ritmo frenetico
ed inverosimile di un videogioco mentre la felicissima scelta degli interpreti
consente al regista di oliare il meccanismo di alcune sapide battute giocando
sulle caratterizzazioni dei diversi personaggi. Del resto Bruce Willis
dimostra, una volta ancora, di muoversi con agilità nei ruoli più
ironici dando corpo ad un personaggio sfiorato ed al tempo stesso risparmiato
dal disincanto della realtà. Si ritrova, nelle sue smorfie benevole,
nella piega della bocca, in quel modo di socchiudere gli occhi indagatori,
la stessa acuta ironia che abbiamo già apprezzato nei molti film
di variabile pregio e spessore di cui è stato interprete. I personaggi
che percorrono il racconto di Levinson, comunicando un profondo senso
di precarietà ed abbandono, vivono senza difese passioni e sconfitte
come se ognuna fosse l'ultima emozione consumata sulla pelle. Rimane,
a memoria futura, il messaggio che non ci sono emozioni in assoluto sacre
od abiette ma unicamente pulsioni incontenibili che sono la vita stessa.
Un film costruito come un gioco di specchi, pertanto, che può essere
apprezzato come frivolo disimpegno dalla comicità semplice o che
può essere spunto più profondo per verificare che, sotto
lo smalto della copertina, qualcosa su cui meditare c'è sempre.
Voto: 26/30
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