
Metà degli anni novanta. Sulla 8 Mile Road, quartiere nero e degradato
di Detroit, Il giovane Jimmy Smith Jr. detto Rabbit (Eminem) dopo aver
rotto con la ragazza è costretto a vivere con la madre alcolizzata
(Basinger), il suo amante manesco e la piccola sorellina in una fatiscente
roulotte in affitto. Rabbit è bianco ma è rispettato dai
neri perché sa “rappare da Dio”. Di giorno tira avanti facendo
l’operaio in una fabbrica locale mentre la sera partecipa a gare di freestyle
(una sorta di duello in cui i due contendenti, a turno e per una manciata
di secondi, devono rappare insulti nei confronti dell’avversario; alla
fine il pubblico decreta il vincitore, ovvero lo sfidante che ha improvvisato
rime con maggiore inventiva). Insieme alla sua banda di fedeli amici,
trascorre il resto del tempo libero annotando versi di canzoni rap su
un foglio di carta che porta sempre con se, cazzeggiando per le vie della
città e scontrandosi con le “crew” rivali, sempre in attesa dell’occasione
che gli permetta di lasciare per sempre l’inferno del ghetto. E’ dura
la vita nei bassifondi di Detroit (Michigan, nord degli USA, vicino al
confine con il Canada), la città americana della “Manufacturing
Belt” che ha sofferto maggiormente la crisi che negli anni ‘70 e ‘80 ha
investito il settore industriale. Le costruzioni fatiscenti e la sporcizia
nelle strade sono solo l’aspetto esteriore di un degrado urbano e sociale
diffuso, che penetra anche nei rapporti umani e nelle menti, sfascia le
famiglie e alimenta povertà e violenza che a loro volta producono
altro degrado materiale e morale, altra povertà, altra violenza.
In questo desolante scenario di provvisorietà i giovani “animali
metropolitani” devono sapersi adattare, fanno gruppo contro il “nemico”,
si stringono a quel poco di buono che possiedono, (soprav)vivono alla
giornata rifugiandosi nei vacui sogni di un futuro diverso. Il mestiere
di Curtis Hanson (L. A. CONFIDENTIAL) riesce efficacemente a cucire addosso
a Eminem una storia che nella sostanza non spicca certo per originalità
(solo vagamente ispirata alle vicende personali del rapper americano)
e realizza una sorta di LA FEBBRE DEL SABATO SERA dei ghetti, aggiornato
ai tempi. Lo fa con spirito quasi etnologico, calandosi con meticoloso
rispetto in alcuni miti e riti dell’hip-hop americano e del substrato
sociale da cui trae linfa. Da questo punto di vista il film è credibile
e a tratti intenso (il top sono gli scontri di freestyle) anche se l’intreccio
si regge su una struttura narrativa vecchio stile che sa inevitabilmente
di già visto. Eminem comunque fa il suo dovere, sicuramente funziona
nella parte di se stesso ma parlare di “grande interpretazione” (come
hanno scritto in qualche recensione negli USA) è un po’ troppo.
L’inizio del film ricalca le prime strofe di “Loose yourself”, l’hit che
gli appassionati possono sentire integralmente mentre scorrono i titoli
di coda.
Link: www.8-mile.com
www.uip.it
Voto: 24/30
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