LA 25MA ORA
di Spike Lee
Con: Edward Norton, Philip S. Hoffman


Ci compare d’innanzi lo skyline di New York con due enormi fari che da “ground zero”, si innalzano verso il cielo, illuminando il profilo di quelle che avrebbero dovute essere le torri gemelle. Ecco che Spike Lee contestualizza la vicenda fin dalla primissima sequenza del film, una pellicola che rappresenta l’uomo di oggi alla luce degli ultimi avvenimenti storici, frastornato, destabilizzato da un mondo in cui è difficile aver fiducia nel prossimo. Un film lucido, pungente, che attraverso la vicenda personale delle ultime ore da uomo libero di Monty, ci rende palese quella che è la mentalità americana, con la sua pragmatica filosofia di vita, la possibilità di cambiare la propria condizione, di poter rifarsi una vita, una identità in qualsiasi momento.
Ecco che vediamo Monty Brogan (il bravissimo Edward Norton), passeggiare all’alba del fatidico giorno, lungo le sponde del fiume, all’apparenza potrebbe essere un uomo come un altro, in passeggiata prima di recarsi al lavoro, se non fosse per lo sguardo struggente ed allo stesso tempo vuoto, smarrito, che caratterizza il volto del protagonista, a cui si avvicina un apparente mendicante, che si rivolge a lui chiedendogli di vendergli della droga, ma quando il nostro si rifiuta dicendogli che si è ritirato dal giro, avviene che l’altro, incredulo lo minaccia allontanandosi, ecco allora che il regista gira il timone della storia, inquadrandoci da subito la vicenda, dapprima, cronologicamente, e in un secondo tempo poi, narrativamente.
Un film rituale, in cui il protagonista si trova a vivere sotto forma di luogo comune, l’incontro con gli amici d’infanzia Jacob (Philip Seymour Hoffman) e Frank (Barry Pepper), presso il pub a loro più familiare, la cena con il padre (Brian Cox), ex vigile del fuoco in pensione, ed il rapporto divenuto sospettoso con la fidanzata (Rosario Dawson)... E’ la storia di un uomo, che ha voluto eccedere per ingordigia, ed è stato punito dall’alto! Qui viene scolpita una realtà priva di ideali, in cui l’autocritica prende il sopravvento, tutto si dispiega in modo pessimistico, questi personaggi dell’oggi incapaci di cambiare il proprio destino, senso di estraneità, di inadeguatezza alle varie situazioni, fin quando Monty, si rende conto che il suo volto pulito, da yuppie del 2000 arricchitosi sulle disgrazie altrui, non sarebbe adatto neanche al carcere, ecco che l’unico moto di adeguamento ad una situazione, è il farsi pestare di botte, per cambiar sembiante e dare agli altri galeotti come lui una parvenza da duro… Ma la situazione muta orientamento quando il vecchio padre autocolpevolizzatosi per la brutta fine del figlio, decide di riscattare entrambi, aiutandolo a percorrere il viaggio verso la salvezza… ecco proporsi ai nostri occhi la vera natura americana “on the road”, nel rapporto con le grandi vastità del territorio dei grandi stati sterminati, ove ai bordi di qualche strada si sono formati piccoli agglomerati urbani, in cui uomini alla ricerca di una nuova identità si rifugiano e ricominciano. Padre e figlio, percorrono un tragitto catartico, attraverso le asperità del deserto alla ricerca di un’autosalvazione, verso la scommessa con se stessi, sulla capacità di ricominciare tutto daccapo, di rimettersi in discussione senza mai guardarsi indietro, buttandosi il destino alle spalle.
Il film è tratto dall’omonimo romanzo scritto da David Benioff, che ha svolto anche il ruolo di sceneggiatore per la suddetta pellicola.

 

Link: http://touchstonepictures.go.com/

Voto:29/30

Lucia LOMBARDI
22 - 05 - 03


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