
L'intreccio è quello classico dell'horror “rurale” d'oltreoceano: quattro
ragazzotti più o meno attraenti e più o meno intelligenti si trovano a dover
fare i conti con una congrega di psicopatici di varia foggia. HOUSE OF 1000
CORPSES, esordio dietro la macchina da presa per il poliedrico Rob Zombie,
è, dunque, un'opera che trova le proprie fondamenta in topoi
stilistici largamente assodati, tanto che, per certi versi, pare essere più
vicino alla pietra miliare Non
Aprite Quella Porta di quanto lo sia il discreto remake di Nispel.
Detentore di un’originale ossessione per le bizzarrie e per le signorine
belle e fatali (Sheri Moon ad esempio e, con un po’ di immaginazione, anche
Karen Black), Rob Zombie mette in piedi una sgualcita tenda da circo sotto
la quale fa esibire le più disparate creature, ponendole tutte sul
palcoscenico ideale di una rappresentazione sgangherata ed eccessiva, un
grandguignol post-contemporaneo nel quale “normali” (i ragazzi
protagonisti, i poliziotti) e gli “anormali” (la nutritissima cricca di
depravati) si distinguono solo per i costumi e le maschere che indossano,
quasi a voler affogare nel sangue/passata di pomodoro ogni giudizio morale .
Etica abolita, e non ci si aspettava altro da uno come il signor Zombie, in
nome di una messa in scena sanguinaria ma al contempo stralunata,
preponderantemente estetica e sottilmente simbolica a tratti (si pensi
all’intero finale, quasi un rito santero in terra yankee), pregna di
quell’immaginario fracassone ed orgogliosamente redneck che
ritroviamo in HOUSE OF 1000 CORPSES quanto negli album, peraltro caldamente
consigliati, di Mr. Zombie e rispettiva band.
Stilisticamente, pur essendo all’esordio, il regista dimostra di avere una
certa dimestichezza con le armi del genere e di essere in grado di trovare
un compromesso tra gli immancabili Hooperismi e certe soluzioni
narrative e di montaggio interessanti per quanto non raffinatissime.
Solarizzazioni improvvise, immagini al negativo, selvaggia commistione di
diegetico ed extradiegetico sono all’ordine del giorno per Rob Zombie e, a
ben vedere, non stonano nel contesto di generale anti-dogmatismo della
pellicola. Interessante ma non perfetto il dispiegarsi del ritmo del film,
che risente di momenti di leggera stanca e di qualche incertezza nel
raggiungimento del climax di tensione; fa eccezione il finale, talmente
delirante da risultare bello, se non altro visivamente, ed ottimamente
ritmato, con tanto di visioni di gusto quasi Barkeriano e prepotente quanto
inattesa commistione con l’elemento di delirio onirico sopito per tutto il
film. Notevole, ed era lecito aspettarselo, anche la colonna sonora, che
unisce suggestioni industriali a ventate di lisergico country rock. Film non
imperdibile né, mi sembra chiaro, particolarmente rivelatore delle sorti del
cinema a venire, ma tutto sommato intelligente nella sua sfrontata
istintività ed intriso di una ammaliante visionarietà pop. Una specie di
LAST HOUSE ON THE LEFT in salsa barbeque, insomma.
Voto: 26/30
29.07.2004
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