Una sorta di prequel della saga nata dalla penna di Ian Fleming: James Bond
(Craig) è alla sua prima missione dopo aver ottenuto dal suo capo M (Dench)
la tanto agognata licenza di uccidere. Se la dovrà vedere con Le Chiffre (Mikkelsen),
un banchiere intenzionato a finanziare varie organizzazioni terroristiche.
L’unico modo per fermarlo sarà prosciugare i suoi fondi battendolo a poker
al Casino Royale. All’agente viene affiancata per l’occasione la bellissima
burocrate del Tesoro Vesper Lynd (Green).
All’interno della sin troppo lunga serie dedicata al personaggio di Fleming,
sarebbe uno dei capitoli migliori: oltre ad un buon ritmo, un soggetto per
una volta intrigante e un cast ben assortito, con un “cattivo” davvero
perfetto (Mikkelsen, visto ne LE MELE DI ADAMO), vanta una sceneggiatura
(firmata fra gli altri da Paul Haggis, reduce da due premi oscar consecutivi
per MILLION DOLLAR BABY e CRASH) che lascia per la prima volta intravedere
una dimensione morale del personaggio, ponendolo seppur fugacemente di
fronte a cosa voglia dire uccidere, e lo coinvolge in una vera e propria
storia d’amore, fatto capitato solo in AL SERVIZIO DI SUA MAESTÀ, dove
l’“intruso” presto rinnegato George Lazenby aveva addirittura tempo per un
matrimonio, ancorché breve. Ma questi pregi, peraltro non straordinari, sono
anche i limiti del film, perché spingendolo verso il territorio del noir lo
mette inevitabilmentre a confronto con modelli inarrivabili, così come
l’eccessiva fisicità messa in scena (mai visto un Bond tanto muscoloso ma
anche tanto malmenato, sempre sanguinante e agonizzante) lo fa confondere
con suoi stessi epigoni come la serie di MISSION: IMPOSSIBLE.
L’agente segreto con licenza di uccidere, insomma, sembra aver perso la sua
personalità: niente humor inglese, niente ostentata eleganza, niente (o
quasi) gingilli tecnologici con cui trastullarsi. Il declino di uno stile di
cui però regia e sceneggiatura sono ben consapevoli, e tendono anzi a
sottolineare con bel gusto postmoderno: in una scena ambientata in una
galleria d’arte le opere consistono in corpi umani sezionati che giocano
d’azzardo come farà di lì a poco il protagonista, il quale, come già detto,
viene bistrattato ed è spesso in fin di vita, mentre in un’altra sequenza
viene torturato tramite fustigazione ai testicoli, un vero e proprio
oltraggio per il suo ego spropositato di veteromaschilista. Ma anche il
machismo tipico del personaggio viene messo alla berlina in più occasioni, e
la presenza assidua sullo schermo di una bond-girl nient’affatto priva di
personalità e di un M in versione femminile confermano questo trend.
Tante innovazioni un po’ azzardate, insomma, che rischiano di rompere quello
che era un giocattolo elegante ma in fin dei conti semplice. Il che,
comunque, non stempera il divertimento di tante scene d’azione, come quella
finale ambientata a Venezia, vero capolavoro della tecnologia digitale.
CASINO ROYALE è anche il titolo di un film del ‘67 che tratta con piglio
pardistico il personaggio di Bond, impersonato per l’occasione da un già
maturo e volutamente improbabile David Niven.
Voto: 25/30
08:12:2005 |