INTRODUZIONE ALLA MOSTRA DEL NUOVO CINEMA DI PESARO

::: intervista a JOHN SAYLES :::

Il cinema di John Sayles è fatto di uomini, di traumi e ironia. Un indipendente capace di offrire un ritratto generazionale (Return of the Seacaucus 7) che supera concettualmente il kasdaniano grande freddo, mostrando un'umanità difficile che sarà il segno delle sue produzioni: trame sociali da dipanare, abbandoni, solitudine, dolore ma anche solidarietà e riscoperta.

Abbiamo incontrato il regista americano a Pesaro.

Il mito europeo

"Negli anni '60 il cinema europeo era umano, lontano dall'irrealtà di quello americano dell'epoca. Mi piaceva e m'ispirava di più. C'erano sesso e morte, ed una maggiore libertà. Tutto quello che negli Stati Uniti era impossibile.
In passato, l'America guardava l'Europa, e probabilmente il pubblico ne sapeva molto di più di quanto non ne sappia ora. Il cinema europeo degli anni '60 ci influenzava, ma le cose sono cambiate, poi. Quello che viene distribuito ora è un pacchetto di film nostalgici, aggrappati all'idea di un'Europa che non esiste più o non è mai esistita. Il pubblico americano sa molto di dell'Europa degli anni '40 che di quella del 2000".

La musica

"Le musiche dei miei film hanno un forte impatto emotivo. Uso da anni lo stesso compositore, Mason Daring, che ha realizzato le colonne sonore di tutti i miei film ad eccezione di Baby it's you/Promesse Promesse. È nato tutto per caso, dovevo andare a firmare un contratto con la troupe del mio primo film, e c'era un avvocato. La mia macchina si ruppe, e lui mi disse che aggiustava macchine e faceva anche il musicista con una band di Boston. Qualche tempo dopo, aveva smesso di fare l'avvocato e faceva il musicista.. il mio modo di lavorare con lui è molto "filosofico", non leggo la musica e parlo con lui a livello emotivo. Studiamo le ambientazioni per scegliere il genere giusto, e spesso i musicisti improvvisano"

I sogni nel cassetto

"Ci sono dei film che avrei voluto girare e non ho potuto. Ho scritto un paio di storie mai realizzate, una sulla guerra fra Filippine e Stati Uniti, agli inizi del '900, il primo vero Vietnam, anche se nessuno ne parla mai, il secondo si chiama Sometimes in the sun e parte da una battaglia in Scozia, nel 1743. Il protagonista Jimmy passa dal vecchio al nuovo mondo, arriva fino al Quebec, nel 1754. Per un indipendente non è facile trovare soldi, è difficile riuscire a sbrigliare l'immaginazione dalla possibilità di metterla in pratica. Penso molte cose, ma mi deprimo perché so che non troverò mai i soldi. Continuo a commettere l'errore di scrivere storie epiche troppo grandi, per le quali è difficile riuscire a coprire i costi. Ma, in fondo, ho potuto girare 8 uomini fuori dopo 11 anni di tribolazioni, chissà."
 

Valentina DI MICHELE